Lavoro nero, sanzioni in aumento nel 2024 per il datore di lavoro: i nuovi importi

Tutte le informazioni sul lavoro nero, che cos’é, qual è l’attuale disciplina e quali sono le sanzioni per il datore di lavoro

lavoro nero

Il fenomeno del lavoro nero, definito anche “sommerso” o “irregolare”, ha luogo quando il datore di lavoro impiega lavoratori subordinati senza aver comunicato l’assunzione al Centro per l’Impiego, con ogni conseguenza sotto il profilo retributivo, contributivo e fiscale.

Con il Decreto PNRR 2024 sono entrate in vigore, dal 2 marzo 2024, nuove regole per le maxi sanzioni contro il lavoro nero. In particolare, le aziende possono essere soggette a multe fino a 46.800 euro o a 57.600 euro in caso di recidiva.

Ma quando si può dire che si è in presenza di lavoro nero e quali sono le sanzioni in capo al datore di lavoro che non regolarizza i propri dipendenti?

In questo articolo vi spieghiamo in cosa consiste il fenomeno del lavoro nero e quali sono le sanzioni o le maxi sanzioni per il datore di lavoro, nonché le conseguenze per i dipendenti.

SIGNIFICATO LAVORO NERO, COS’È

Innanzitutto, è necessario capire qual è il significato del lavoro nero per delimitare il campo di applicazione delle sanzioni. Si definisce lavoro nero o sommerso / irregolare quello in cui non vi è un regolare contratto di lavoro e il datore di lavoro non comunica l’assunzione del lavoratore.

La Legge, infatti, stabilisce che entro le 24 ore precedenti al momento in cui il lavoratore deve iniziare a svolgere le sue mansioni, il datore di lavoro è tenuto a comunicare telematicamente attraverso il modello specifico (modello UNILAV) l’assunzione del lavoratore che servirà a dare notizia al centro per l’impiego competente, all’INPS e all’INAIL.

Solo in caso di emergenza e forza maggiore è possibile rimandare e far iniziare subito il rapporto di lavoro, ma anche in questo caso la comunicazione deve essere eseguita nel più breve termine possibile. In casi diversi, si rischiano pesanti sanzioni o anche le “maxi sanzioni”, come modificate dal Decreto PNRR 2024.

QUANDO È CONSIDERATO LAVORO NERO

Come ribadito dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, il lavoro nero è considerato tale quando l’illecito è integrato dai seguenti elementi:

  • mancanza della comunicazione preventiva di assunzione: il datore di lavoro deve aver omesso di effettuare la comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro che, ai sensi dell’art. 9-bis del D.L. n. 510/1996, deve essere effettuata entro le ore 24 del giorno antecedente a quello di instaurazione del relativo rapporto;

  • subordinazione: il rapporto di lavoro instaurato di fatto deve presentare i requisiti propri della subordinazione ai sensi di quanto previsto dall‘art. 2094 c.c.

Sono, pertanto, escluse dall’applicazione delle sanzioni legate al lavoro sommerso le prestazioni lavorative che rientrano nell’ambito del rapporto societario o di quello familiare. Ciò, perché in questi casi manca il requisito della subordinazione. Per tali figure (in particolare coniuge, parenti, affini, affiliati e affidati del datore di lavoro) che non sono soggette all’ordinaria comunicazione UNILAV, la legge prevede una comunicazione ex art. 23 del D.P.R. n. 1124/1965.

Tali norme sono state sintetizzate nel vademecum INL del 19 aprile 2022 sulla disciplina sanzionatoria del lavoro sommerso. Vale la pena chiarire che le regole del 2022 sono valide anche per il 2024, ma, come spiegato, sono cambiati solo gli importi della maxi sanzione.

Scopriamo le novità 2024.

QUALI SONO LE SANZIONI PER IL LAVORO NERO NEL 2024

La sanzione per il lavoro irregolare può raggiungere cifre considerevoli in quanto calcolata su ogni lavoratore coinvolto. Poi, viene graduata per fasce in base alla durata del comportamento illecito. Con il Decreto PNRR 2024, il legislatore ha stabilito che la sanzione è determinata come di seguito:

  • da euro 1.800 a euro 10.800 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;

  • da euro 3.600 a euro 21.600 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di effettivo lavoro;

  • da euro 7.200 a euro 43.200 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.

Confermata anche dal legislatore la maxi sanzione, che passa dal 20 al 30%. Fino al 1° marzo 2024 scattava in caso di recidiva, impiego di extracomunitari senza permesso di soggiorno o di minori under 16 e di percettori del reddito di cittadinanza.

Dal 2 marzo 2024 si applica anche ai datori di lavoro privati non organizzati in forma di impresa, agli enti pubblici economici e alle persone fisiche che impiegano personale tramite il Libretto famiglia. In caso di recidiva (cioè se il datore di lavoro, nei 3 anni precedenti, era stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per gli stessi atti illeciti) la multa aumenta. Di conseguenza, le multe, a partire dal 2 marzo 2024 in caso di maxi sanzione, sono determinate come di seguito:

  • da 1.950 euro a 11.700 euro per ogni lavoratore irregolare, se l’impiego dura fino a 30 giorni effettivi. In caso di recidiva la sanzione è da 2.400 euro a 14.400 euro;

  • da 3.900 euro a 23.400 euro per ogni lavoratore irregolare, se l’impiego dura da 31 a 60 giorni effettivi. In caso di recidiva la sanzione è da 4.800 euro a 28.800 euro;

  • da 7.800 euro a 46.800 euro per ogni lavoratore irregolare, se l’impiego dura oltre 60 giorni effettivi. In caso di recidiva la sanzione è da 9.600 euro a 57.600 euro.

È possibile evitare la maxi sanzione regolarizzando spontaneamente il rapporto di lavoro irregolare. In tal caso, si accede alla sanzione minima, che si applica se il lavoratore in nero è impiegato fino a 4 mesi con contratto a tempo indeterminato (anche part-time) o se si trova impiegato a tempo pieno e determinato per un periodo minimo di tre mesi. Adesso, andiamo a vedere più nel dettaglio quando si considera recidiva e quando invece no.

I CASI DI RECIDIVA

Il Decreto PNRR 2024 ha confermato, oltre alla maggiorazione del 30% degli importi dovuti a titolo di sanzione, il raddoppio di tali percentuali laddove il datore di lavoro, nei tre anni precedenti, sia stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti (c.d. recidiva). Ciò accade esattamente quando:

  • il destinatario delle sanzioni corrisponda al soggetto che, nell’ambito della medesima impresa, ha rivestito la qualità di “trasgressore” persona fisica che agisce per conto della persona giuridica (generalmente coincidente con il legale rappresentante dell’impresa o persona delegata all’esercizio di tali poteri). Non si avrà, quindi, recidiva tutte le volte in cui, sebbene gli illeciti siano riferibili indirettamente alla medesima persona giuridica, siano commessi da trasgressori diversi. Analogamente, in tutte le ipotesi in cui le violazioni siano commesse dalla medesima persona fisica per conto di persone giuridiche diverse;

  • il trasgressore sia stato destinatario delle medesime sanzioni irrogate con provvedimenti divenuti definitivi nel triennio precedente alla commissione del nuovo illecito per il quale va effettuato il calcolo della sanzione. L’arco triennale di riferimento deve essere inteso sia quale periodo in cui l’illecito è stato commesso, sia quale periodo in cui lo stesso è stato definitivamente accertato.

Viceversa, la maggiorazione per recidiva non si applica:

  • nelle ipotesi di estinzione degli illeciti amministrativi contestati, qualora sia intervenuto il pagamento in misura ridotta;

  • con riferimento agli illeciti per i quali il contravventore abbia adempiuto alla prescrizione effettuando i relativi pagamenti.

A CHI SI APPLICANO LE SANZIONI PER IL LAVORO NERO

Le sanzioni per il lavoro nero si applicano, secondo quanto ribadito dal vademecum INL del 19 aprile 2022 ai seguenti datori di lavoro:

  • a tutti i datori di lavoro privato, indipendentemente dal fatto che siano o meno organizzati in forma di impresa. L’unico escluso è il datore di lavoro domestico che non occupi il lavoratore assunto come domestico in altra attività imprenditoriale o professionale;

  • agli enti pubblici economici in qualità di datori di lavoro privati;

  • alle persone fisiche che si avvalgono di prestazioni rese in regime di Libretto Famiglia al di fuori delle ipotesi ammesse dalla disciplina di questo strumento.

SANZIONI PER IL LAVORO OCCASIONALE

Si precisa che a partire dal 1° gennaio 2022 e anche nel 2024, in forza del Decreto Fiscale 2021 collegato alla Legge di Bilancio 2022, la comunicazione obbligatoria al Centro per l’Impiego con cui viene reso noto l’inizio del rapporto è estesa anche alle collaborazioni autonome occasionali.

In questo caso la maxi sanzione potrà trovare applicazione soltanto nel caso di prestazioni autonome occasionali che non siano state oggetto di preventiva comunicazione, sempreché la prestazione sia riconducibile nell’alveo del rapporto di lavoro subordinato e non siano stati già assolti li ulteriori obblighi di natura fiscale e previdenziale, ove previsti, idonei ad escludere la natura “sommersa” della prestazione.

COSA SI RISCHIA A PAGARE IN NERO, CONSEGUENZE PER IL DATORE DI LAVORO

Il datore di lavoro che viene colto ad impiegare dipendenti in nero, oltre a pagare le sanzioni, subirà anche delle conseguenze di altra natura a tutela del lavoratore coinvolto, ovvero sarà tenuto:

  • al pagamento degli stipendi che non risultano versati;
  • al pagamento delle differenze retributive;
  • al pagamento degli straordinari non pagati;
  • al versamento delle indennità non pagate;
  • al pagamento del Tfr;
  • al versamento dei contributi nel periodo di lavoro;
  • al risarcimento per licenziamento illegittimo eventuale.

LAVORO NERO, COSA RISCHIA IL LAVORATORE

È vero che generalmente in caso di lavoro irregolare chi rischia di essere sanzionato è solo il datore di lavoro, ma ci sono dei casi in cui anche il lavoratore che non denuncia può subire delle conseguenze. Ciò accade, per esempio, quando il lavoratore percepisce l’indennità di disoccupazione (NASPI o DIS-COLL) o l’Assegno di Inclusione. In questo caso, qualora avvenisse un controllo da parte della Procura della Repubblica, oltre a dover restituire le somme indebitamente percepite e a dover pagare i danni allo Stato il lavoratore potrebbe essere incriminato per falsità ideologica. Il Decreto lavoro convertito in Legge in tali casi, prevede reclusione:

  • da 2 a 6 anni per false dichiarazioni o documenti falsi;

  • da 1 a 3 anni per l’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini del mantenimento del beneficio.

RIFERIMENTI NORMATIVI E DI PRASSI

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di Eleonora C.
Redattrice, esperta di leggi, lavoro pubblico e previdenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA.
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