Deciso il reintegro sul posto di lavoro e il risarcimento di 250mila euro per il dipendente pubblico che timbrava in mutande.
Alberto Muraglia, un vigile urbano di Sanremo, è stato al centro dell’attenzione mediatica nel 2015 quando è stato filmato mentre timbrava il cartellino in mutande.
Durante un’indagine della Guardia di Finanza sul Comune di Sanremo, il vigile “in mutande” è divenuto uno dei simboli dei “furbetti del cartellino”, ma il Tribunale ha deciso per il reintegro e il risarcimento per lui.
Scopriamo cosa è accaduto quando Muraglia è stato assolto da tutte le accuse dopo un processo in due gradi di giudizio.
TIMBRAVA IN MUTANDE, ASSOLTO E REINTEGRATO
Alberto Muraglia, un vigile urbano di Sanremo sarà reintegrato in servizio al Comune di Sanremo. L’uomo era stato coinvolto in un caso mediatico nel 2015, quando era stato filmato mentre timbrava il cartellino in mutande durante un’indagine della Guardia di Finanza sul Comune di Sanremo.
Successivamente, Muraglia è stato assolto da tutte le accuse dopo un processo in due gradi di giudizio. Nonostante l’assoluzione, però, aveva perso il lavoro a seguito dell’inchiesta e del licenziamento immediato nel gennaio 2016.
La perdita dell’impiego, ovviamente, aveva causato un grave impatto sulla sua vita, soprattutto dal punto di vista finanziario.
Muraglia ha quindi lottato contro il licenziamento, presentando ricorso, anche se inizialmente il giudice del lavoro di Imperia ha respinto la sua richiesta. Rivoltosi alla Corte d’Appello di Genova, sezione lavoro, il ricorso di Muraglia è stato accolto, con reintegro nel suo lavoro di vigile.
IL RISARCIMENTO PER IL VIGILE ACCUSATO DI TRUFFA
Oltre a essere reintegrato, il vigile sarà anche risarcito. La Corte d’Appello di Genova, infatti, ha predisposto la restituzione degli stipendi non ricevuti. Parliamo cioè di quelli che il vigile ha perso durante il periodo in cui è stato sospeso, una cifra che ammonta a circa 250.000 euro.
Dunque, il Comune dovrà corrispondere a Muraglia la cifra “a titolo di risarcimento del danno la retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione”.
LA DECISIONE DEL GIUDICE
Il giudice ha preso in considerazione le due sentenze penali che dimostravano che Muraglia non aveva truffato nessuno, dimostrando al contrario di iniziare a lavorare mezz’ora prima del suo turno quando era in servizio. Durante il processo, i giudici hanno confermato che a Muraglia, il Comune non aveva conteggiato 120 ore di straordinario. Questo è stato un punto importante della sua difesa.
Inoltre, i giudici hanno sottolineato che la timbratura in mutande o meglio in abiti succinti non costituisce un indizio di illiceità penale, in quanto esisteva una disposizione del comandante della polizia locale secondo cui il vigile, in funzione di custode del mercato, doveva timbrare dopo aver aperto il mercato municipale e in abiti borghesi. Ciò, dato che abitava in un alloggio del Comune nella stessa area del mercato.
IL COMMENTO DEL VIGILE
Muraglia ha descritto questo momento come “la fine di un incubo”. Ha espresso il suo dolore per essere stato oggetto di grande pubblicità negativa senza aver commesso alcun reato.
Ha sottolineato l’angoscia e la sofferenza per aver subito l’esposizione sui giornali di tutto il Mondo. Tra l’altro, a causa di un evento in cui non era coinvolto. Muraglia ora ha la libertà di decidere se desidera tornare effettivamente al suo posto di lavoro.
Se sceglie di rinunciare al ritorno al lavoro, oltre agli indennizzi, dovrà probabilmente accordarsi per una sorta di buonuscita.
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Ma insomma non ho letto la sentenza ma una cosa sicuramente mi lascia perplessa!
È professionale timbrare in mutande?! Perché non si poteva evitare solo perché abitava in un alloggio del comune ?
E se sono puniti gli atti osceni che sono:
condotte contrarie al buon costume e che violano il senso del pudore collettivo.
Timbrare in mutande diventa addirittura autorizzativo…. Facciamo un po’ ridere!