Donne e lavoro 2022: i dati INAIL tra infortuni e gap salariale

Il report dell’INAIL sulla situazione delle donne al lavoro tra malattie professionali, differenze salariali, infortuni e pandemia. Ecco i dati aggiornati 2022

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In occasione della Giornata internazionale della donna, l’8 marzo 2022, sono stati pubblicati i dati INAIL su donne e lavoro che mostrano uno scenario critico, tra infortuni e gap salariale.

Dal rapporto, aggiornato a febbraio 2022, emerge che il gap salariale tra lavoratori e lavoratrici nell’Unione Europea è diminuito solo di poco meno di due punti percentuali negli ultimi due anni. Attualmente la differenza di retribuzione è pari al 14,1%.

Scopriamo insieme, più nel dettaglio, com’è oggi la situazione delle donne nel lavoro e quali sono i dati relativi alle differenze retributive, gli infortuni e le condizioni professionali.

DONNE E LAVORO 2022, IL DIVARIO RETRIBUTIVO

Il primo aspetto analizzato dall’INAIL nel proprio rapporto è quello relativo alla differenza tra la media dei guadagni orari lordi di uomini e donne che lavorano. Un’analisi che l’Istituto ha effettuato affidandosi anche agli studi della Commissione Europea (Eurostat).

Le risultanze hanno un sapore dolceamaro. Anche se la situazione sta migliorando, per gli Stati membri c’è ancora molta strada da fare, con il divario che è diminuito solo di poco meno di 2 punti percentuali negli ultimi 9 anni. Ad oggi, infatti, la differenza di retribuzione tra uomini e donne in Europa è pari a 14,1%. In altri termini, le donne guadagnano 86 centesimi per ogni euro guadagnato dagli uomini e avrebbero bisogno di lavorare 2 mesi in più per compensare tale discrepanza.

Ci sono notevoli differenze tra i diversi Paesi dell’UE. Il range va da meno di 5% in Lussemburgo, Italia (4,7%) e Romania a più del 19% in Austria, Germania, Lettonia ed Estonia. Il divario occupazionale di genere, si è attestato all’11,7% nel 2019, con il 67,3% delle donne in tutta l’UE occupate rispetto al 79% degli uomini (dati UE27).

I SETTORI E GLI ORARI DI LAVORO

Secondo Eurostat, le motivazioni di questa differenza vanno trovate nel fatto che circa il 24% del “gender pay gap” (ovvero la differenza retributiva di genere) è legato alla notevole presenza delle donne in settori relativamente poco pagati. Parliamo di settori sistematicamente sottovalutati, come l’assistenza, la sanità e l’istruzione. Le donne hanno più ore di lavoro a settimana rispetto agli uomini, ma dedicano più ore al lavoro non retribuito, un fatto che potrebbe anche influenzare le loro scelte di carriera.

La posizione nella gerarchia poi, influenza il livello di retribuzione. Infatti, meno dell’8% degli amministratori delegati delle aziende più importanti sono donne. Nonostante ciò, la professione con le maggiori differenze di retribuzione oraria nell’UE sono i manager: 23% di guadagno in meno per le donne rispetto agli uomini.

IL DIVARIO OCCUPAZIONALE

Il gap occupazionale di genere in Europa, invece, si è attestato all’11,7% nel 2019, con il 67,3% delle donne in tutta l’UE occupate rispetto al 79% degli uomini (dati UE27).

In Italia il divario è superiore: 50% delle donne contro il 68% degli uomini. La situazione è poi addirittura peggiorata in Italia con l’inizio della pandemia. La caduta del numero di occupati nel 2020 (-3,1%) è da attribuire per lo più alle lavoratrici (-3,8%) e ancora non si è tornati ai livelli del 2019, ai 23 milioni di occupati, di cui il 42,3% (9,8 milioni) donne.

AUMENTANO PER LE DONNE GLI INFORTUNI SUL LAVORO

Alla data di rilevazione del 31 ottobre 2021, le denunce d’infortunio che hanno riguardato le donne nel 2020 sono state 244.711 in aumento rispetto alle 231.065 del 2019 (+5,9%). L’incidenza percentuale è risultata in crescita di ben 7 punti e pari al 42,8%. Nel quadriennio precedente 2016 2019 l’incidenza è stata pressoché costante e pari mediamente al 35,9%.

Tale aumento è la sintesi di un incremento di ben il 28,6% nella gestione assicurativa “Industria e servizi” e di diminuzioni sia nel “Conto Stato”, che nell’ “Agricoltura”, rispettivamente del 59,8% e del 23,3% rispetto all’anno precedente.

Diversa è la situazione per il genere maschile che ha registrato un calo in tutte le gestioni mediamente del 21%, da oltre 413.000 nel 2019 a poco più di 327.000 nel 2020. Ciò ha ridotto divario in termini di numerosità di denunce tra i due generi.

Nel corso della pandemia, l’andamento infortunistico è aumentato molto, a causa del contagio da Covid-19. Allo stesso tempo le misure di contrasto alla diffusione come la sospensione di ogni attività produttiva, la chiusura degli uffici, delle attività commerciali e delle scuole di ogni ordine e grado, hanno ridotto l’esposizione al rischio infortunistico. Pertanto i numeri e le analisi citate, vanno chiaramente letti considerando l’impatto del Covid-19 nel 2020.

DATI PER TERRITORIO IN ITALIA

Dall’analisi territoriale emerge che, nel 2020, le denunce d’infortunio in complesso si sono concentrate per il:

  • 66,5% al Nord (37,1% al Nord-ovest e il 29,4% al Nord-est);
  • 18% al Centro;
  • oltre il 15% al Mezzogiorno, di cui oltre i due terzi concentrati al Sud.

Tra le regioni, la Lombardia (22,0%), l’Emilia Romagna (11,6%) il Veneto (11,5%) e il Piemonte (11,1%) sono quelle che hanno registrato il maggior numero di casi (poco più di 137.000; erano circa 117.000 l’anno precedente). Nel 2020 poco più dell’84% (oltre 206.000) delle denunce d’infortunio provengono dalle lavoratrici italiane. Il rimanente 15,5% (circa 38.000) proviene da quelle di origine straniera. Di quest’ultime un terzo hanno interessato quelle di nazionalità UE in aumento di circa 3.000 casi sul 2019.

FASCE D’ETÀ IN ITALIA

Circa il 48% delle infortunate ha tra i 45 e i 59 anni, poco più del 26% dai 30 ai 44 anni. Invece, il 17,0% è under 30 e infine, il 9,0% è dai 60 anni e oltre. Tra il 2019 e il 2020 si sono avuti aumenti maggiori per le età tra i 45 e i 49 anni (+34,2%) e per quelle dai 50 ai 54 anni (+30,9%). Diminuzioni rilevanti si hanno invece per le under 25 anni (-55,8%) e per gli over 69 anni (-17,6%). Particolarmente significativo è l’aumento delle denunce dai 60 ai 69 anni osservabile lungo tutto l’ultimo quinquennio. Ovvero, dagli oltre 14.000 casi nel 2016 a poco più di 21.000 nel 2020.

DONNE E LAVORO, I DECESSI IN ITALIA

Gli infortuni con esito mortale nel 2020 per le donne al lavoro sono stati 188, +87 rispetto ai 101 decessi del 2019 con un’incidenza percentuale che sale all’11,5% (mediamente 9,2% nel quadriennio precedente). Nella sola gestione “Industria e servizi” sono stati 157 i casi (+71) che hanno coinvolto le lavoratrici. In particolare, il dato vale per quelle che svolgono la loro attività lavorativa nel comparto della “Sanità e assistenza sociale” (+40) e quelle dell’ “Amministrazione pubblica” (dove vi rientrano anche gli organismi preposti alla sanità come le Asl) con +7 decessi sul 2019.

Da evidenziare inoltre che, nonostante l’intero settore manifatturiero per le donne nel 2020 abbia riportato un segno negativo nel confronto con il 2019 (da 11 a 9 casi), si sono avuti quattro decessi in più nell’ “Industria alimentare“.

DATI PER TERRITORIO

Da un punto di vista territoriale dei 188 decessi:

  • 106 sono avvenuti nel Nord (+55 sul 2019);
  • 52 decessi nel Mezzogiorno (+22);
  • 30 nel Centro (+10).

Ben 51 casi nella sola Regione Lombardia (erano 14 nel 2019) e 18 nel Piemonte (+8 sull’anno precedente). Trentadue gli eventi mortali verificatesi alle donne straniere di cui 18 non comunitarie e 14 europee.

FASCE D’ETÀ

In merito ai dati per gli incidenti mortali sul lavoro per le donne è la classe che va dai 55 ai 59 anni ad aver avuto il maggior numero di decessi (51 contro i 14 dell’anno precedente). A seguire, vi è quella che va dai 60 ai 64 anni con 40 (erano 14 nel 2019).

INFORTUNI DONNE SUL LAVORO PER IL COVID 19

In controtendenza rispetto a quanto si osserva per le denunce di infortunio sul lavoro in complesso, le lavoratrici sono le più colpite dai contagi professionali da Covid-19. Infatti, su 211.390 denunce pervenute all’INAIL, da inizio pandemia alla data dello scorso 31 gennaio, infatti, ben 144.353 sono femminili. Sono pari a poco meno di 7 contagi su 10.

La spiegazione è da ricercare nella prevalenza di donne in settori produttivi con contagio più frequente e diffuso, in particolare l’ambito sanitario e le molte attività che vi gravitano attorno. Ad esempio, la pulizia degli ambienti. Inoltre le donne sono impiegate in professioni contraddistinte dal contatto prolungato con gli utenti, tipico delle addette alle vendite o delle operatrici allo sportello.

Il rapporto tra i generi, però, si inverte prendendo in considerazione solo i casi mortali: su 823 decessi da nuovo Coronavirus denunciati dall’inizio della pandemia, quelli femminili sono 143, pari al 17,4%.

MALATTIE PROFESSIONALI, DIFFERENZE DI GENERE

Nel 2020 le denunce di malattie professionali sono state in complesso 44.948 e di esse il 27% circa ha interessato le donne (12.061 casi). L’effetto pandemia ha influito tantissimo sull’andamento delle malattie denunciate in quest’ultimo anno di riferimento che rispetto al 2019 (61.201 casi) ha registrato un brusco calo del 26,6% rispetto all’incremento del 2,9% registrato nel biennio precedente 2018 2019. Parliamo di 59.460 nel 2018 e 61.201 nel 2019.

Il decremento del 2020 può essere giustificato dal fatto che lo stato di emergenza ha disincentivato e reso più difficoltosa al lavoratore la presentazione di eventuali denunce di malattia, rimandandola al 2021. La diminuzione delle denunce nell’ultimo biennio ha interessato entrambi i generi anche se leggermente maggiore per le donne (-27,5%) rispetto a quella degli uomini (-26,2%).

Dai dati INAIL emerge anche che le donne che lavorano sono maggiormente esposte rispetto ai colleghi uomini ai vari rischi e fattori ergonomici e psicosociali. È ormai provato che uomini e donne rispondono diversamente a una stessa esposizione al rischio e che la diversità dei ruoli sociali e impegni, per esempio con riferimento alla gestione della casa e dei figli, può influire sulle conseguenze dei rischi lavorativi.

DATI PER TERRITORIO

Nel 2020, il 40,2 % di casi di malattie professionali femminili (4.850) è stato denunciato nell’area centrale del Paese. Si registrano picchi in Toscana e nelle Marche rispettivamente del 42,2% e del 30,1%. A seguire il Nord con il 34,1% (4.114 casi), di cui oltre il 71% di essi nella parte Est. Poi vi è il Mezzogiorno con il 25,7% (3.097 di cui circa i tre quarti nel Sud).

Veneto e Lombardia sono le Regioni del Nord con maggior numero di tecnopatie (19,7% la prima e 16,9% la seconda). Mentre per il Mezzogiorno sono Abruzzo (28,8%) e Sardegna (22,2%) le regioni con più denunce.

Ben 3.142 i casi di malattia professionale denunciati da lavoratori stranieri e di essi 1.034 hanno interessato il genere femminile (33% circa) che rappresentano l’8,6% rispetto al complesso delle denunce al femminile.

DONNE E LAVORO, LA VALUTAZIONE DEI RISCHI E LO STOP AL GENDER GAP

Ad oggi, sia a livello nazionale che comunitario, si sta lavorando per prevenire i rischi sul luogo di lavoro per le donne e per abbattere il divario nella retribuzione. Basti pensare alla Legge sulla parità salariale approvata a fine 2021, che vi spieghiamo in questo articolo, che dovrebbe migliorare la situazione. In quest’ottica vale anche la pena citare il meno recente Decreto Legislativo 9 aprile 2022, n, 81.

In questo testo, all’articolo 28 comma 1, viene data un’indicazione fondamentale affinché il datore di lavoro operi una differenziazione, nella valutazione dei rischi a seconda del genere. Il datore di lavoro è chiamato dunque, a tener conto delle differenze sotto il punto di vista della risposta a specifici rischi e delle conseguenti azioni di prevenzione e tutela da garantire a lavoratrici e lavoratori. Dunque, nel testo unico Decreto Legislativo 3 agosto 2009, n. 106, correttivo del Decreto 81 del 2008, si sancisce il principio in base al quale la valutazione e gestione dei rischi e la sorveglianza sanitaria debbano tenere conto di tali differenze. Ma, non viene però, in concreto, chiarito per ciascun rischio il “come”.

Ciò ha causato delle difficoltà a mettere in atto queste norme. Per tali motivi, come ha sottolineato l’INAIL nel suo “Report dell’8 marzo 2022 su Donne e Lavoro” (Pdf 1Mb) una vera riforma in tal senso, non può prescindere da un’oggettiva analisi della differenza dei rischi per genere e da un’azione fattiva per ridurli al minimo.

REPORT INAIL SUL DIVARIO DI GENERE NEL MONDO DEL LAVORO

per maggior informazioni e per tutti i dettagli vi consigliamo di leggere il testo integrale del Report INAIL (Pdf 1.116 Kb).

ALTRI APPROFONDIMENTI E AGGIORNAMENTI

Vi consigliamo di leggere l’approfondimento dedicato alla nuova legge sulla parità salariale e la guida sul salario minimo in Italia che spiega lo stato attuale e le nuove proposte di legge per il nostro paese. In questo approfondimento invece ci sono tutte le informazioni sul Fondo impresa donna, un nuovo interessante sostegno per l’imprenditorialità femminile. Inoltre per restare sempre aggiornati e ricevere le notizie in anteprima sul mondo del lavoro, potete iscrivervi alla nostra newsletter gratuita e al nostro canale Telegram.

di Valeria C.
Giornalista, esperta di leggi, politica e lavoro pubblico.
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