Reddito di cittadinanza e Assegno Unico stranieri: l’UE boccia requisito residenza

Cosa prevede la procedura d’infrazione avviata dall’UE sul requisito di residenza previsto per accedere all’assegno unico. Stop alla procedura per il RdC

Europa, europeo, UE

L’Unione Europea ritiene discriminatorio il requisito della residenza fissato per gli stranieri per accedere a Reddito di Cittadinanza e assegno unico, e ha intrapreso una procedura di infrazione contro l’Italia.

Il nostro Paese non ha però risolto le preoccupazioni sollevate dalla Comunità Europea qualche mese fa riguardo all’Assegno Unico, dunque, nel pacchetto delle infrazioni di novembre 2023, è arrivato il parere motivato UE riguardo a questa specifica misura. Senza degli interventi normativi specifici, l’UE infliggerà delle pesanti sanzioni all’Italia.

In questo articolo vi spieghiamo le ragione alla base della procedura d’infrazione avviata dall’UE verso l’Italia in merito al requisito di residenza in Italia previsto per accedere al Reddito di Cittadinanza e assegno unico stranieri e vi diamo un quadro generale su come funziona.

REDDITO DI CITTADINANZA E ASSEGNO UNICO STRANIERI, IL DIKTAT DELL’UE

Il 15 febbraio 2023 la Commissione Europea ha deciso di avviare una procedura di infrazione contro l’Italia inviando una lettera di costituzione in mora all’Italia (INFR(2022)4113) per il mancato rispetto delle norme dell’UE sul coordinamento della sicurezza sociale e sulla libera circolazione dei lavoratori. Tra le altre cose, seme della discordia risulta essere il requisito della residenza nel territorio italiano necessario per accedere a misure di sostegno al reddito quali il Reddito di Cittadinanza o all’Assegno unico universale per i figli.

Si ricorda, infatti, che condizione imprescindibile per vedersi riconoscere l’assegno unico universale figli è l’essere residenti in Italia da almeno 2 anni. Viceversa, il requisito sale ad almeno 10 anni per il Reddito di Cittadinanza (così come esplicitato dalla Legge di Bilancio 2023). Due requisiti, secondo la Commissione Europea, discriminatori nei confronti dei cittadini europei che si trovano sul territorio italiano.

Nonostante le risposte che l’Italia ha mandato a Bruxelles a giugno, a novembre 2023, l’UE ha deciso di proseguire con la procedura d’infrazione. Di fatto, è stata accantonata la sola richiesta di revisione del RdC, mentre è stato inviato un parere motivato che mette l’Assegno Unico a rischio, come annunciato in questa nota stampa della Commissione.

Ma vediamo i dettagli, analizzando singolarmente i due casi.

INFRAZIONE ASSEGNO UNICO FIGLI

All’assegno universale, che vi spieghiamo in questa guida, hanno diritto solo persone residenti in Italia da almeno 2 anni. Ciò a condizione che vivano in uno stesso nucleo familiare insieme ai figli.

Secondo quanto si legge nella procedura d’infrazione avviata il 15 febbraio e il parere motivato emesso a novembre 2023, questa normativa è in contrasto con il diritto dell’UE. La norma non tratta i cittadini dell’UE in modo equo e si qualifica pertanto come discriminazione. Il regolamento sul coordinamento della sicurezza sociale vieta, inoltre, qualsiasi requisito di residenza ai fini della percezione di prestazioni di sicurezza sociale. Tra questi, per esempio, vi sono anche gli assegni familiari. Tale requisito, secondo il diktat dell’UE, va cambiato il prima possibile in quanto è in contrasto con il diritto comunitario.

Se volete approfondire e conoscere nel dettaglio cosa prevede il parere motivato della Commissione UE sull’Assegno unico universale per i figli, vi consigliamo di leggere questo articolo.

INFRAZIONE AUU: COSA RISCHIA L’ITALIA

Come emerge dal pacchetto infrazioni pubblicato il 15 febbraio e da questa nota stampa della Commissione emessa a novembre 2023 (sezione pareri motivati), l’Italia deve uniformarsi ai dettami dell’UE. Diversamente può incappare in pesanti sanzioni e mettere l’Assegno unico a rischio.

Una volta avviata la procedura d’infrazione ed emesso il parere motivato, l’Italia può scegliere. Ossia, può modificare la norma oppure mettersi al Giudizio della Corte di Giustizia Europea, esponendosi alle relative conseguenze. Il parere motivato, infatti, altro non è che una richiesta formale di conformarsi al diritto dell’Unione che, se non rispettato, potrebbe far scattare pesanti sanzioni verso l’Italia una volta confermato il mancato rispetto da parte della Corte.

Vi aggiorneremo su quali saranno le prossime mosse del Governo per scongiurare l’arrivo di multe dall’UE. 

STOP ALL’INFRAZIONE REDDITO DI CITTADINANZA

La Commissione Europea non ha proseguito la procedura d’infrazione, invece, per il Reddito di Cittadinanza. La decisione arriva in quanto dal 1° gennaio 2024, la misura andrà in pensione. Ricordiamo che lascerà il posto all’Assegno di Inclusione e al Supporto Formazione e Lavoro (già attivo dal 1° settembre 2023 con specifiche norme transitorie).

Ma qual era la violazione contestata sul Reddito di Cittadinanza? Come vi spieghiamo in questa guida, secondo l’UE le regole sui requisiti RdC erano in contrasto con le norme comunitarie in materia di libera circolazione dei lavoratori, diritti dei cittadini, soggiornanti di lungo periodo e protezione internazionale. Per la Commissione UE il problema era una delle condizioni per accedere al Reddito di Cittadinanza. Ossia, di aver soggiornato in Italia per 10 anni, di cui 2 consecutivi, prima di poter presentare la richiesta.

Tuttavia, a norma del regolamento (UE) n. 492/2011 e della direttiva 2004/38/CE, le prestazioni di sicurezza sociale come il Reddito di Cittadinanza dovrebbero essere pienamente accessibili ai cittadini dell’UE che sono lavoratori subordinati o autonomi o che hanno perso il lavoro, indipendentemente da dove abbiano soggiornato in passato. Inoltre, la lettera d’infrazione UE sottolineava anche che:

  • i cittadini dell’UE non impegnati in un’attività lavorativa per altri motivi dovevano poter beneficiare della prestazione alla sola condizione di essere legalmente residenti in Italia da almeno tre mesi;

  • la direttiva 2003/109/CE prevede che i soggiornanti di lungo periodo provenienti da Paesi terzi potessero avere accesso a tale prestazione;

  • il requisito della residenza avrebbe impedito agli italiani di trasferirsi al di fuori del Paese per motivi di lavoro. Questo, in quanto non avrebbero diritto al reddito minimo al rientro in Italia.

Per l’Europa, pertanto, il requisito dei 10 anni di residenza si configurava come discriminazione indiretta. Ciò in quanto è più probabile che i cittadini non italiani non riuscissero a soddisfare tale criterio. Inoltre, la Commissione aveva sottolineato che il RdC italiano discriminava direttamente i beneficiari di protezione internazionale. Questi ultimi non avevano accesso a tale prestazione, in violazione della direttiva 2011/95/UE. Queste obiezioni sono state superate dall’abolizione del Reddito di Cittadinanza dal 1° gennaio 2024.

ALTRI AIUTI E AGGIORNAMENTI

Vi consigliamo di leggere questa guida dettagliata, semplice e chiara sull’AUU. Vi consigliamo inoltre la lettura del nostro articolo che vi spiega come verrà gestita la fase transitoria del reddito di cittadinanza.

Per approfondire quali saranno le conseguenze per l’Italia dopo questo intervento UE, inoltre, vi rimandiamo al nostro articolo che fa il punto sull’Assegno Unico a rischio.

In questa sezione trovate tutte le novità sul mondo del lavoro. Per conoscere tutti gli aiuti, agevolazioni e bonus per lavoratori e famiglie è possibile visitare questa pagina.

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di Valeria C.
Giornalista, esperta di leggi, politica e lavoro pubblico.
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Un Commento

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  1. E chiaro quanto l’UE pensa al bene degli italiani. Veramente sono discriminati da parte del UE gli italiani in confronto agli stranieri. L’Italia li accoglie e poi si deve anche sacrificare per loro…!! Sveglia,Italia!!!

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