Il lavoro domestico irregolare, ossia se non si pagano i contributi a colf o badanti, comporta rischi legali e sanzioni penali.
L’omissione del versamento dei contributi previdenziali alla colf può esporre di fatto a diverse problematiche e complicazioni, soprattutto se si considera il fatto che con la Legge di Bilancio 2024 il governo ha deciso di intensificare la lotta all’evasione fiscale e contributiva nel settore.
In questa guida vi spieghiamo cosa si rischia se non si pagano i contributi per colf e badanti o per altre figure del lavoro domestico, anche alla luce degli interventi di modifica normativa e le novità 2024.
Indice:
LOTTA AL LAVORO DOMESTICO IN NERO, COSA SI RISCHIA
La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto una serie di novità per contrastare l’illegalità e il fenomeno del sommerso nel lavoro domestico. Nel settore domestico, infatti, il lavoro nero è ancora predominante.
Proprio per rispondere a questo fenomeno, il Governo nella Legge di Bilancio 2024 ha potenziato il coordinamento tra l’INPS e l’Agenzia delle Entrate per combattere l’evasione nel settore del lavoro domestico. Nello specifico, all’articolo 17 il testo prevede:
- la realizzazione di un sistema di comunicazione tempestiva ed efficiente tra l’Agenzia delle Entrate e l’INPS, finalizzato allo scambio dei dati utili per la ricostruzione della situazione reddituale dei lavoratori domestici. Questo scambio di informazioni potrà avvenire anche mediante l’utilizzo di tecnologie digitali all’avanguardia;
- che l’Agenzia delle Entrate utilizzerà i dati acquisiti dall’INPS per predisporre dichiarazioni precompilate e per inviare lettere di compliance;
- l’effettuazione di analisi del rischio e controlli mirati al fine di assicurare la corretta ricostruzione della situazione reddituale e contributiva dei lavoratori domestici. Questa analisi potrà essere condotta anche utilizzando i dati comunicati dal datore di lavoro al momento dell’assunzione.
COSA SUCCEDE SE NON SI PAGANO I CONTRIBUTI
Se non si pagano i contributi alla colf o ad altre figure del lavoro domestico, il datore di lavoro corre una serie di rischi.
Infatti, i contributi previdenziali obbligatori devono essere versati entro i termini e con le modalità di calcolo stabilite dalla legge. Se queste regole non vengono rispettate si determina un’inadempienza contributiva che deve essere regolarizzata. In assenza del tempestivo pagamento dei contributi e in relazione alla gravità dell’inadempienza si applicano:
- sanzioni civili;
- sanzioni amministrative e sanzioni penali.
1) SANZIONI CIVILI
In particolare, le sanzioni civili, in materia di inadempimento delle obbligazioni contributive nei confronti di enti previdenziali, hanno la funzione di rafforzamento dell’obbligo contributivo e di risarcimento del danno subito dagli enti per il mancato tempestivo pagamento di contributi. Relativamente alle sanzioni civili possono concretizzarsi dui casi:
- l’omissione contributiva;
- l’evasione contributiva.
OMISSIONE CONTRIBUTIVA
Per l’omissione contributiva, l’articolo 116, comma 8, lettera a) della Legge 23 dicembre 2000, n. 388, stabilisce che in caso di mancato o ritardato pagamento dei contributi dovuti entro i termini stabiliti, si applica una sanzione civile per ogni giorno di ritardo, proporzionale al Tasso Ufficiale di Riferimento incrementato di 5,5 punti.
Tuttavia, questa sanzione non può superare il 40% dell’importo complessivo dei contributi dovuti. Superato questo limite, vengono applicati gli interessi corrispondenti agli interessi di mora.
EVASIONE CONTRIBUTIVA
Per quanto riguarda l’evasione contributiva, l’articolo 116, comma 8, lettera b) della Legge 23 dicembre 2000, n. 388 prevede che in caso di evasione legata a registrazioni o denunce obbligatorie non conformi alla realtà, causate dall’occultamento di rapporti di lavoro o retribuzioni erogate, si applica una sanzione civile per ogni giorno di ritardo. Viene calcolata al 30% dell’importo dei contributi dovuti. Anche in questo caso, la sanzione massima corrisponde al 60% dell’importo totale dei contributi. Superato questo limite, si applicano gli interessi di mora.
COME SI CALCOLANO GLI INTERESSI DI MORA
Dopo il raggiungimento del tetto, sia in caso di omissione sia in caso di evasione, sul debito contributivo maturano, per ogni giorno di ulteriore ritardo nel pagamento, in ragione d’anno, interessi nella misura degli interessi di mora.
Per conoscere il tasso vigente per il calcolo delle sanzioni suddette si dovrà fare riferimento al provvedimento del Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea (BCE) con il quale viene determinato il Tasso Ufficiale di Riferimento.
Per conoscere il tasso vigente per il calcolo degli interessi di mora si dovrà fare riferimento alla determinazione del direttore dell’Agenzia delle Entrate, usando questo servizio.
COME REGOLARIZZARE I PAGAMENTI
La legge menziona la possibilità di regolarizzare la situazione debitoria in modo spontaneo, prima di richieste o contestazioni da parte degli enti previdenziali, entro 12 mesi dalla scadenza prevista per il pagamento dei contributi. In questo caso, si applica il regime dell’omissione, piuttosto che quello dell’evasione.
2) SANZIONI AMMINISTRATIVE E PENALI
Tra questi tipi di sanzioni vi sono:
- mancata erogazione delle ritenute previdenziali detratte dai salari dei lavoratori;
- assunzioni o cessazioni non segnalate;
- mancata iscrizione lavoratori all’INPS;
- assunzione di lavoratori senza permesso di soggiorno.
MANCATA EROGAZIONE DELLE RITENUTE PREVIDENZIALI
La mancata erogazione delle ritenute previdenziali detratte dai salari dei lavoratori è disciplinata dalla legge, precisamente dall’articolo 2, comma 1 bis, del Decreto Legge 12 settembre 1983, n. 463. Questa norma prevede due diverse tipologie di sanzioni in relazione all’importo non corrisposto:
- se l’omissione del versamento delle ritenute supera i 10.000 euro all’anno, comporta una sanzione penale che può andare fino a tre anni di reclusione e una multa che può arrivare a 1.032 euro;
- se l’importo non versato è inferiore a 10.000 euro all’anno, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria che varia tra 10.000 e 50.000 euro.
L’impiego di lavoratori non documentato, inoltre, è sanzionato con altre sanzioni civili e amministrative pecuniarie.
ASSUNZIONE O CESSAZIONE NON SEGNALATI
Non segnalare l’assunzione o la cessazione di un lavoratore all’INPS, in base a quanto previsto dalla Legge 11 novembre 1983, n. 683, è una grave violazione. Infatti, il datore di lavoro è tenuto per legge a comunicare all’INPS l’assunzione, nonché qualsiasi eventuale modifica o cessazione del rapporto di lavoro. L’omissione o il ritardo di questa comunicazione obbligatoria comporta una sanzione amministrativa, che varia da 200 a 500 euro per ciascun lavoratore, pagabile all’INPS.
MANCATA ISCRIZIONE LAVORATORI ALL’INPS
Non iscrivere il lavoratore all’INPS, in base a quanto previsto dalla Legge 11 novembre 1983, n. 683, è una violazione che comporta sanzioni molto alte. La comunicazione all’INPS all’atto dell’assunzione comporta l’iscrizione del lavoratore presso l’ente previdenziale.
Se il datore di lavoro non invia tale comunicazione obbligatoria di assunzione, il lavoratore non verrà iscritto. In questo caso, l’INL può applicare al datore di lavoro una sanzione che varia da 1.500 euro a 12.000 euro per ciascun lavoratore non regolarmente segnalato, aumentata di 150 euro per ogni giorno effettivo di lavoro, cumulabile con altre sanzioni amministrative e civili contro il lavoro nero, come spiegate in questa pagina.
ASSUNZIONE DI LAVORATORI SENZA PERMESSO DI SOGGIORNO
In base a quanto previsto dal Decreto Legislativo 286 del 1998, in aggiunta alle sanzioni già citate, l’impiego di lavoratori senza permesso di soggiorno comporta un’ammenda di 5000 euro e può portare a un periodo di arresto da tre mesi a un anno per ciascun lavoratore coinvolto.
CHI SONO I LAVORATORI DOMESTICI
Rientrano tra i lavoratori domestici colf, badanti, baby sitter, autisti, cuochi, uomini o donne delle pulizie etc.
Parliamo cioè di lavoratori o lavoratrici che vengono assunti per far fronte alle esigenze della famiglia e che, di solito, lavorano nella casa del datore di lavoro o di un loro stretto familiare. Se volete saperne di più, vi consigliamo di leggere questa guida in cui vi spieghiamo nel dettaglio cosa si intende per lavoro domestico, come assumere un lavoratore di questo settore.
Scopriamo quali sono i contributi che il datore di lavoro deve versare per un lavoratore domestico.
QUALI SONO I CONTRIBUTI OBBLIGATORI E IMPORTI
I contributi che il datore di lavoro deve pagare per colf e lavoratori domestici sono quelli obbligatori previsti già per altre attività. Sono calcolati in base alla retribuzione del lavoratore e al numero di ore lavorate.
Con la Circolare n° 13 del 02-02-2023, l’INPS ha fornito indicazioni chiare sugli importi specifici dei contributi da versare da entrambe le parti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2023 e il 31 dicembre 2023, per i contratti di lavoro domestico a tempo indeterminato, che non prevedono contributi addizionali.
Le cifre da pagare nel 2023 sono le seguenti:
- stipendio fino a 8,92 euro all’ora: contributi orari 1,58 euro (0,40 euro a carico del lavoratore);
- con lo stipendio oltre 8,92 euro e fino a 10,86 euro all’ora: contributi orari 1,78 euro (0,45 euro a carico del lavoratore);
- stipendio oltre 10,86 euro all’ora: contributi orari 2,17 euro (0,55 euro a carico del lavoratore);
- orario di lavoro superiore o uguale a 24 ore settimanali: contributi orari 1,15 euro (0,29 euro a carico del lavoratore).
Per i contratti di lavoro domestico a tempo determinato, rimane applicabile il contributo addizionale a carico del datore di lavoro, come previsto dalla Legge 28 giugno 2012, n. 92, e successive modifiche. Questa quota corrisponde all’1,40% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
Pertanto, per il 2023, l’INPS, nella Circolare n° 13 del 02-02-2023, ha stabilito i seguenti importi dei contributi per ogni ora di lavoro per i contratti a tempo determinato:
- stipendio fino a 8,92 euro all’ora: contributi orari 1,69 euro (0,40 euro a carico del lavoratore);
- con lo stipendio oltre 8,92 euro e fino a 10,86 euro all’ora: contributi orari 1,91 euro (0,45 euro a carico del lavoratore);
- stipendio oltre 10,86 euro all’ora: contributi orari 2,32 euro (0,55 euro a carico del lavoratore);
- orario di lavoro superiore o uguale a 24 ore settimanali: contributi orari 1,23 euro (0,29 euro a carico del lavoratore).
COME SI PAGANO I CONTRIBUTI COLF
I contributi per i lavoratori domestici si pagano telematicamente e non solo. Il datore di lavoro ha a disposizione diverse possibilità di pagamento dei contributi, ovvero:
- tramite procedura online del Portale dei Pagamenti, accessibile da questa pagina, utilizzando la modalità “Pagamento immediato pagoPA ” con carta di credito o debito, con prepagata oppure con addebito in conto, dopo aver fatto autenticazione tramite SPID, CIE e CNS;
- con l’Avviso di pagamento PagoPA che può essere stampato dal Portale dei pagamenti e contiene il codice avviso, l’importo da pagare, la data entro la quale effettuare il pagamento e le istruzioni per il pagamento. L’elenco degli operatori e dei canali abilitati a ricevere pagamenti tramite PagoPA è disponibile nel sito internet www.pagopa.gov.it;
- tramite l’App IO, con cui è anche possibile effettuare il pagamento dei contributi;
- tramite l’app “INPS Mobile” sul proprio smartphone o tablet nell’area “Famiglia”,“Lavoro domestico”. È anche disponibile nell’elenco dei servizi attivi.
In presenza di crediti per importi versati in eccesso o per duplicazioni di versamento in uno stesso trimestre per uno stesso lavoratore domestico, il datore di lavoro può fare richiesta di rimborso direttamente tramite la piattaforma INPS.
QUANDO SI PAGANO I CONTRIBUTI LAVORATORI DOMESTICI
Per assunzioni di lavoratori domestici (come colf, badanti, ecc.), il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi all’INPS ogni trimestre. In particolare, i contributi si pagano ogni trimestre alle seguenti scadenze:
- dal 1° al 10 aprile versamento per il primo trimestre;
- dal 1° al 10 luglio versamento per il secondo trimestre;
- dal 1° al 10 ottobre versamento per il terzo trimestre;
- dal 1° al 10 gennaio versamento per il quarto trimestre.
COSA RISCHIA LA COLF CHE LAVORA IN NERO
Con l’entrata in vigore del Jobs Act, il lavoro non dichiarato è considerato un reato anche per il dipendente. Dunque, una col che lavora in nero, oltre alle mancate tutele previdenziali, si espone anche a una sanzione che può arrivare fino a 2 anni di reclusione. Questo rischio si materializza quando un individuo afferma di essere disoccupato per ottenere benefici economici pubblici, nonostante in realtà lavori senza regolare dichiarazione fiscale né contributiva all’INPS.
La situazione si complica ulteriormente se il lavoratore, oltre a falsamente dichiarare la disoccupazione, riceve effettivamente la NASpI, l’attuale indennità di disoccupazione. In questo caso, si configura un reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, punibile con reclusione da 3 mesi a 3 anni.
In aggiunta, al lavoratore viene applicata una sanzione amministrativa proporzionale agli importi indebitamente ricevuti dallo Stato. Infine, il lavoratore coinvolto in un lavoro non dichiarato e che riceve la disoccupazione perde il diritto a tale prestazione sociale e può essere citato in giudizio dall’ente erogatore per il risarcimento del danno.
CALCOLO SANZIONI RITARDO PAGAMENTI CONTRIBUTI INPS
Il calcolo delle sanzioni per il ritardo nei pagamenti dei contributi INPS varia se il pagamento avviene entro 12 mesi o se i contributi non vengono versati affatto (evasione contributiva).
Nel dettaglio se il datore di lavoro paga i contributi in ritardo, ma entro i 12 mesi dalla scadenza prevista, l’INPS applica sanzioni basate su due parametri:
- tasso d’interesse annuo che, al momento attuale, quello applicato è del 9,50% su base annua;
- importo massimo della sanzione, nel limite del 40% del totale dei contributi dovuti nel trimestre o della parte residua da versare.
Ma facciamo un esempio di calcolo per capire meglio, ipotizzando che un datore di lavoro abbia 1.000 euro di contributi da pagare e li versa con un ritardo di 6 mesi. Quindi: Sanzione per ritardo = 1.000 € * (9,50% / 12 mesi * 6 mesi) = 47,50 Euro. E poiché il ritardo è inferiore ai 12 mesi, la sanzione non può superare il 40% dell’importo, quindi sarà applicata una sanzione di 47,50 Euro, che rientra nel limite.
Al contrario, se il datore di lavoro non versa i contributi e si tratta di evasione contributiva, le sanzioni sono più severe:
- il tasso applicato è del 30% su base annua;
- la sanzione può arrivare al massimo al 60% dell’importo dei contributi evasi, con un minimo garantito di 3.000 euro, a prescindere dalla durata della prestazione lavorativa accertata.
Per fare di nuovo un esempio, se il datore di lavoro non versa 5.000 euro di contributi, la sanzione per evasione è = 5.000 € * 30% = 1.500 Euro su base annua. Mentre se il mancato pagamento si protrae, la sanzione può aumentare fino a un massimo del 60% dei 5.000 Euro, cioè 3.000 Euro, o scendere al minimo di 3.000 Euro, se l’importo calcolato fosse inferiore a tale soglia.
SOSPENSIONE CONTRIBUTI COLF INPS
Nell’ambito dei servizi che INPS mette a disposizione del datore di lavoro domestico è stato realizzato un servizio online per la comunicazione della sospensione dell’obbligo contributivo.
Al servizio si accede tramite il sito internet dell’INPS, da questa pagina, cliccando su “Accesso all’area tematica” e autenticandosi con SPID, CIE o CNS. Dopo di che bisognerà selezionare la voce “Lavoratori domestici – Sospensione obbligo contributivo”.
La procedura consente di comunicare la sospensione dell’obbligo contributivo in riferimento a uno specifico rapporto di lavoro e per un intero trimestre qualora la contribuzione non sia dovuta perché riferita ad una causa di sospensione a titolo di:
- congedo per maternità;
- aspettativa per motivi personali;
- malattia o infortunio di durata superiore a quella riconosciuta come retribuita
Tale comunicazione è consentita per i trimestri dell’anno in corso non ancora scaduti o, se scaduti, entro la fine del mese di scadenza del pagamento. Una volta selezionato il rapporto di lavoro, l’applicativo visualizzerà la lista delle comunicazioni di sospensione attive già registrate e protocollate consentendo la modifica e l’annullamento o, altresì, di inserire una nuova sospensione.
In questo caso sarà necessario indicare:
- il trimestre di riferimento;
- la motivazione della sospensione da selezionare fra le tre possibili opzioni indicate precedentemente. Per la motivazione “Malattia o infortunio di durata superiore a quella riconosciuta come retribuita” sarà possibile indicare il numero del certificato medico.
Si sottolinea che è possibile comunicare la sospensione solo per i trimestri per i quali non è dovuto alcun contributo a qualsiasi titolo. La sospensione che ricada all’interno di trimestri parzialmente coperti da contribuzione è insita nella causale di pagamento e corrisponde alle settimane non indicate come lavorate.
Per i periodi per i quali non è più possibile procedere alla comunicazione attraverso il canale Internet sarà necessario rivolgersi alla sede INPS competente e farsi guidare con la presentazione della documentazione attestante la sospensione.
LA GUIDA AL LAVORO DOMESTICO
Dopo aver spiegato, cosa si rischia con il lavoro domestico se non si pagano i contributi colf , in questo articolo vi illustriamo nel dettaglio quali sono le novità lavoro domestico, sempre aggiornate, e vi spieghiamo come assumere i lavoratori domestici, i tipi di contratto vigenti in Italia, la retribuzione dovuta e quali sono i contributi da versare.
AGGIORNAMENTI
Per approfondimenti invitiamo a consultare la guida su come funziona il Libretto famiglia INPS o come funzionano i voucher lavoro occasionale. Potrebbe interessare anche la guida su assicurazione obbligatoria contro gli infortuni domestici.
A vostra disposizione l’approfondimento sulla retribuzione per il lavoro domestico, con le tabelle e gli stipendi minimi rinnovati per legge.
Per scoprire bonus e agevolazioni disponibili per famiglie e lavoratori è possibile visitare la nostra pagina dedicata agli aiuti alle persone.
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