Stipendio medio Italia: dati 2023 su retribuzioni e redditi

Ecco quali sono i dati 2023 sullo stipendio medio in Italia, in crescita rispetto allo scorso anno, con fonti e studi ufficiali

stipendio, salario

Quanto guadagna in media un italiano al mese? La retribuzione media annua lorda per dipendente è pari a circa 27.000 euro, con una crescita nell’ultimo decennio del 12% in base al rapporto annuale ISTAT.

Secondo i dati MEF 2023, inoltre, il reddito medio annuale più elevato è quello da lavoro autonomo, pari a 60.520 euro all’anno, mentre quello medio dichiarato dagli imprenditori è pari a 24.130 euro. La media dei redditi dichiarata dai lavoratori dipendenti è pari a 21.500 euro, quella dei pensionati, infine, ammonta a 18.990 euro annui.

A integrare questi dati, anche lo studio dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre (CGIA), dove emerge che nella città metropolitana di Milano la busta paga per i dipendenti del settore privato è del 90% più pesante che a Palermo, ad esempio.

In questo articolo analizziamo i dati ufficiali sulle retribuzioni nazionali, concentrandoci sullo stipendio medio in Italia, anche suddiviso per Province, e su qual è la media dei redditi nel nostro Paese. Realizziamo un approfondimento anche sulle differenze per fasce di età, per professione, per regione e vediamo il confronto con gli altri paesi europei.

QUAL È LO STIPENDIO MEDIO IN ITALIA

Lo stipendio medio in Italia per i lavoratori è pari a circa 27.000 euro annui lordi ossia a circa 2.250 euro lordi al mese secondo il rapporto annuale 2023 ISTAT, pubblicato il 7 luglio 2023.

Vi è stata una crescita nell’ultimo decennio del 12%, ma il mercato del lavoro italiano è in affanno se confrontato con i maggiori Paesi europei.

OCCUPAZIONE IN ITALIA

Stando ai dati ISTAT nel 2022 in Italia gli occupati sono in crescita. L’occupazione nel 2022 è tornata ai livelli pre pandemia (nel 2020 era scesa a poco meno del 58%), ossia nella fascia d’età 15-64 anni a dicembre 2022 era al 60,5% (+1,9 punti percentuali in un anno, come vi illustriamo in questo approfondimento). Nonostante il miglioramento, i settori dell’istruzione, della formazione e delle politiche retributive presentano ancora molte difficoltà.

I dati raccolti nel rapporto annuale 2023 ISTAT fotografano la situazione relativa all’anno 2021 (l’ultima esaminata e resa nota il 7 luglio 2023) e fanno emergere che i lavoratori dipendenti sono diventati veri e propri “poor workes“, ossia lavoratori poveri.

RISCHIO POVERTÀ TRA LAVORATORI DIPENDENTI

L’analisi di ISTAT presentata nell’audizione sul salario minimo del 12 luglio 2023, rende nota la situazione circa il salario medio di un operaio, o meglio dei lavoratori dipendenti considerati “a bassa retribuzione”, quindi a rischio povertà.

Lo studio si basa sulle posizioni lavorative mensili dei flussi Uniemens dell’INPS, relative a oltre 14 milioni di individui con segnali di copertura contrattuale nelle imprese private dell’industria e dei servizi incluse nel perimetro definito dal registro delle imprese dell’ISTAT (settore privato extra-agricolo).

Per l’anno 2021, la soglia dello stipendio medio per coloro che sono a bassa retribuzione è stato di 12.093 euro annui (il 60% del valore mediano della distribuzione). A ricevere questa paga media sono stati poco meno di 4,6 milioni di individui con rapporti di lavoro dipendente (il 30% del totale).

Dai dati ISTAT sugli stipendi medi dei dipendenti in Italia emerge anche che:

  • la paga media dei contratti full time è pari a 25.000 euro annui;

  • lo stipendio medio dei lavoratori dipendenti con contratti part-time a tempo indeterminato è pari a circa 12.000 euro, 3.000 euro per quelli a tempo determinato;

  • gli stipendi medi dei lavoratori full-time a tempo determinato ammontano a 7.000 euro circa.

Vale la pena specificare che quasi la metà dei dipendenti a bassa retribuzione è concentrato in tre specifici settori, ovvero nei servizi di:

  • alloggio e ristorazione;

  • supporto alle imprese (in prevalenza agenzie interinali e imprese di pulizia);

  • persona (di cura, intrattenimento, istruzione).

L’analisi mostra anche che più del 40% degli occupati a bassa retribuzione proviene dalle micro imprese (le unità con meno di 10 addetti).

GUADAGNO MEDIO ITALIANO ALL’ORA

Nell’audizione sul salario minimo del 12 luglio 2023, l’esperto dell’ISTAT si è focalizzato anche sullo stipendio medio italiano netto e lordo, valutando la paga all’ora.

In particolare, grazie alle informazioni sulle 2.855 figure professionali riferite ai 73 contratti nazionali (esclusi quelli dei dirigenti) monitorati mensilmente dall’indagine sulle retribuzioni contrattuali, emerge che il valore medio dello stipendio orario è pari a 14,50 euro.

I dati, relativi alla situazione di maggio 2023, cambiano da settore in settore. Ossia:

  • comparto industriale, lo stipendio medio orario è pari a 8,20 euro per il livello di inquadramento iniziale del contratto pelli e cuoio;

  • servizi (che include anche la pubblica amministrazione), lo stipendio medio orario è pari a 7,60 euro per le figure meno qualificate dei contratti delle radio e televisioni private;

  • operai agricoli a bassa qualifica, lo stipendio medio orario è pari a 6,50 euro;

  • figure apicali del settore del credito, lo stipendio medio orario è pari a circa 60 euro;

  • figure apicali dei contratti dell’energia elettrica e delle aziende petrolifere, lo stipendio medio orario è pari a circa 28 euro l’ora.

STIPENDIO MEDIO ITALIANO PER ETÀ

L’ISTAT ha fotografato anche la situazione relativa allo stipendio medio in Italia per età, considerando i soli lavoratori dipendenti nel 2022, ed emerge che:

  • tra i giovani (di età inferiore ai 35 anni) si registra la quota più alta, pari al 13,7%, di coloro che sono a più a rischio povertà;

  • in età più avanzate (50 anni e oltre), la quota di coloro che sono a rischio povertà è pari all’8%. Ciò per effetto di livelli retributivi che tendono ad aumentare nel tempo a seguito degli avanzamenti di carriera, dell’accrescimento professionale e dell’anzianità di servizio.

Inoltre, nel testo dell’audizione sul salario minimo del 12 luglio 2023, si sottolinea che:

  • il rischio di povertà è inversamente correlato al livello di istruzione e tra i dipendenti stranieri è più che doppio rispetto a coloro che hanno cittadinanza italiana (24,6% rispetto a 9,8%);

  • un dipendente residente nel Mezzogiorno ha un rischio pari a tre volte e mezzo quello di un dipendente del Nord e più che doppio rispetto ai dipendenti del Centro;

  • tra i dipendenti, le single giovani (in età inferiore ai 35 anni) hanno il doppio della probabilità di cadere in uno stato di povertà reddituale rispetto ai single maschi di pari età e la differenza è di quasi 3 punti percentuali anche tra i single adulti (35- 64 anni);

  • tra i mono genitori, quasi tutte donne, l’incidenza è decisamente elevata, si attesta al 18,5% e sale al 23,6% se in famiglia è presente almeno un figlio minore.

STIPENDIO MEDIO IN ITALIA, PER PROVINCIA

Il 28 ottobre 2023, l’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre (CGIA) ha pubblicato uno studio che divulga i dati relativi allo stipendio medio dei lavoratori dipendenti nel settore privato. L’analisi condotta dall’Ufficio Studi della CGIA, basata su dati dell’INPS, mette in luce persistente disuguaglianze retributive tra varie regioni del Paese, includendo disparità tra Nord e Sud e tra zone urbane e rurali.

Nel 2021, ad esempio, la retribuzione media lorda annua dei lavoratori dipendenti nel settore privato nella Città Metropolitana di Milano era di 31.202 euro, mentre a Palermo si fermava a 16.349 euro. Ciò significa che un lavoratore medio nella capitale economica guadagnava il 90% in più rispetto a un collega nella città siciliana.

Vediamo la classifica degli stipendi medi più alti d’Italia, nel 2021, per i dipendenti del settore privato, secondo lo studio CGIA:

  1. Milano: 31.202 euro;
  2. Parma: 25.912 euro;
  3. Bologna: 25.797 euro;
  4. Modena: 25.722 euro;
  5. Reggio Emilia: 25.566 euro;
  6. Lecco: 25.190 euro;
  7. Trieste: 24.747 euro;
  8. Torino: 24.506 euro;
  9. Bergamo: 24.388 euro;
  10. Varese: 24.260 +euro;
  11. Lodi: 24.143 euro;
  12. Vicenza: 24.139 euro;
  13. Genova: 24.058 euro;
  14. Treviso: 23.836 euro;
  15. Padova: 23.788 euro;
  16. Novara: 23.606 euro;
  17. Pordenone: 23.451 euro;
  18. Bolzano: 23.444 euro;
  19. Cremona: 23.305 euro;
  20. Alessandria: 23.177 euro.

Le informazioni si basano sui dati dell’INPS, provenienti dall’”Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi operai agricoli e domestici)”. Questo osservatorio identifica la stragrande maggioranza dei dipendenti del settore privato che, nel corso del 2021, hanno ricevuto una retribuzione per almeno una giornata di lavoro, un totale che supera i 16,2 milioni di persone.

Nella tabella 2 di questo report, trovate tutte le 103 città metropolitane o Province analizzate e i relativi redditi da lavoro dipendenti del settore privato pro capite.

RETRIBUZIONI INFERIORI ALLA MEDIA EUROPEA

Il rapporto annuale ISTAT 2023 evidenzia come i lavoratori italiani guadagnino circa 3.700 euro l’anno in meno della media dei colleghi europei e oltre 8.000 euro in meno della media di quelli tedeschi.

Lo stipendio medio netto in Italia nell’anno 2021 (presentato il 7 luglio 2023) ha avuto una crescita nell’ultimo decennio del 12%, pari alla metà di quella osservata nella media dei 27 Paesi dell’Unione Europea. Nonostante ciò l’Italia continua ad avere lavoratori che percepiscono uno stipendio nettamente inferiore a quello dei lavoratori di diversi paesi europei.

Nei Paesi dell’Unione Europea, lo stipendio medio dal 2013, ha registrato un aumento del 23%. La Spagna è l’unico Paese che mostra dinamiche simili a quella italiana con un aumento di 11,8 punti percentuali mentre in Francia (+ 18,3%) e in Germania (+ 27,1%) la crescita delle retribuzione lorde annue per dipendente procede a ritmo più spedito. Altro aspetto evidenziato nel rapporto annuale ISTAT è la perdita di potere di acquisto degli stipendi, sceso di 2 punti percentuali in 10 anni rispetto ad un aumento di 2 punti e mezzo della media UE27.

La domanda che gli Stati si stanno ponendo rispetto alla situazione in questi anni è se il salario minimo può risolvere questa situazione.

IL “NODO” SALARIO MINIMO ITALIA

Come vi spieghiamo nell’approfondimento sul salario minimo europeo, la Direttiva UE siglata il 14 settembre 2022 obbliga i Governi dei Paesi membri a garantire i salari minimi adeguati. In Italia è da mesi che si parla dell’ipotesi di “salario minimo“, ipotesi che ora si è del tutto arenata dopo che il Governo Meloni ha detto il suo “no al salario minimo“. Non è stata nemmeno discussa la proposta dell’opposizione sull’introduzione della soglia oraria minima di paga di 9 euro l’ora, come vi spieghiamo in questo approfondimento.

La domanda che si pone ISTAT, però, è quando effettivamente l’introduzione del salario minimo aiuterebbe i lavoratori italiani.

Da quello che emerge nel report sull’audizione sul salario minimo del 12 luglio 2023, l’innalzamento della retribuzione oraria minima a 9 euro comporterebbe un incremento della retribuzione annuale per 3,6 milioni di rapporti di lavoro.

Ciò vale se si escludono quelli di apprendistato si scende a poco più di 3,1 milioni, tra i quali 2,8 milioni sono per qualifica operaio. Per questi rapporti di lavoro l’incremento medio annuale sarebbe pari a circa 804 euro pro-rapporto, con un incremento complessivo del monte salari stimato in oltre 2,8 miliardi di euro.

Proviamo a capire meglio. L’adeguamento alla soglia minima di 9 euro determinerebbe un incremento sulla retribuzione media annuale dello 0,9% per il totale dei rapporti e del 14,6% per quelli interessati dall’intervento.

Gli incrementi percentuali più significativi si avrebbero:

  • nei settori delle altre attività di servizi (+8,9% sul totale e +20,2% tra gli interessati);

  • nelle attività di noleggio, agenzie viaggio, servizi di supporto alle imprese (+2,8% e +14,3%);

  • per i rapporti di apprendistato (+8% e +21,8%), riferiti ai giovani sotto i 30 anni (+3% e +18%), ai lavoratori nel Sud (+2% e +16,7%) e nelle Isole (+1,5% e +15,1%).

Invece, i rapporti per i quali l’innalzamento della retribuzione oraria minima a 10 euro comporterebbe un incremento della retribuzione annuale sono poco più di 6 milioni. Ciò vale se si escludono quelli di apprendistato si scende a poco più di 5,4 milioni, tra i quali 4,7 milioni sono per qualifica operaio.

CONTRATTAZIONE DECENTRATA PER MIGLIORARE LO STIPENDIO MEDIO ITALIANO

Nello studio condotto dall’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre (CGIA) emerge che la soluzione per gli stipendi italiani, più che il salario minimo sta nella questione dei contratti di secondo livello, che interessando circa il 20% dei dipendenti. La CGIA riporta che in Italia la metà dei dipendenti del settore privato ha un Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) scaduto.

Inoltre, l’attività contrattuale varia notevolmente tra le diverse Regioni e, secondo l’Ufficio Studi, la diffusione della contrattazione decentrata rimane limitata nel Paese. Questo influisce sulla capacità di mantenere salari reali in linea con l’inflazione, i costi dell’abitazione e i livelli di produttività locali.

L’Ufficio Studi della CGIA evidenzia, infine, la radice del problema dei lavoratori poveri, tra precarietà e salario minimo, è più connesso al numero limitato di giorni lavorati durante l’anno piuttosto che ai minimi salariali. Pertanto, la CGIA suggerisce che, anziché introdurre un salario minimo per legge, sarebbe più efficace contrastare l’abuso di contratti a tempo ridotto o irregolari. Secondo la CGIA, perciò, rispettare le scadenze per il rinnovo dei contratti contribuirebbe a rendere più stabili le buste paga.

SALARIO MEDIO ITALIA IN RECUPERO DAL 2024

Ora andiamo a guardare le previsioni, ossia le stime sull’andamento futuro. Dal rapporto di Confindustria della Primavera 2023 su “L’economia italiana tra rialzo dei tassi e inflazione alta” viene fuori un dato positivo, ovvero che il salario medio in Italia sarà in crescita nel 2024. La dinamica degli stipendi netti medi nell’intera economia italiana ha accelerato sensibilmente nel 2022, attestandosi al +3,7% (dal +0,3% nel 2021).

Secondo Confindustria, dovrebbe mantenersi su un ritmo medio annuo simile a questo nel corso del biennio di previsione (+3,0% nel 2023 e +3,6% nel 2024). In termini reali, tuttavia, il recupero si registrerà solo a partire dall’anno prossimo (+1,3%). Analizzando gli stipendi medi italiani, infatti, si sono registrati andamenti molto differenziati tra settori, ovvero:

  • nel settore pubblico, anche nel 2023 la crescita salariale sarà sospinta dai rinnovi relativi alla tornata contrattuale 2019-2021;

  • nel settore privato, la dinamica degli stipendi medi di fatto nel 2022 (+3,9%) è stata al di sopra della paga contrattuale (+1,0%). Ciò per effetto di svariati fattori, come l’allungamento degli orari di lavoro, il pagamento di premi di risultato per la buona performance economica nel 2021 e l’erogazione di una tantum. Complici del rialzo, anche le erogazioni di welfare (i cosiddetti fringe benefits).

Nel biennio 2023 2024, fa sapere Confindustria, gli stipendi medi degli italiani avanzeranno a un ritmo più elevato, stimato intorno a un punto percentuale in più, sulla scia del rientro dell’inflazione e del rafforzamento economico in corso.

DATI 2023 SUL REDDITO MEDIO DEGLI ITALIANI

Vediamo un altro dato molto interessante. Ad aprile 2023, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in questo report sulle dichiarazioni fiscali relative al 2021, fa emergere importanti dati sui redditi degli italiani. Attenzione, però, ora si parla di redditi e non di “stipendi”.

Qual è la differenza? Lo stipendio annuo è la somma di denaro che viene pagata dal datore di lavoro e viene generalmente versata nell’arco di 12 mesi. Il reddito annuo, invece, è la somma complessiva che un individuo percepisce nell’arco di un anno e può comprendere anche altre somme oltre allo stipendio (ad esempio una rendita). Ma quali sono i dati sul reddito medio degli italiani che emergono dallo studio MEF? Vediamoli insieme.

REDDITI MEDI ITALIANI PER TIPO DI LAVORO

In primis, il MEF mostra che i redditi da lavoro dipendente e da pensione rappresentano circa l’83,2% del reddito complessivo dichiarato. Nello specifico, il reddito da pensione rappresenta il 30,2% del totale del reddito complessivo.

Dal report sulle dichiarazioni fiscali relative al 2021 emerge poi, che i redditi cambiano in base al tipo di lavoro in questo modo:

  • il reddito medio più elevato è quello da lavoro autonomo, pari a 60.520 euro;

  • il reddito medio dichiarato dagli imprenditori (titolari di ditte individuali) è pari a 24.130 euro;

  • il reddito medio dichiarato dai lavoratori dipendenti è pari a 21.500 euro, quello dei pensionati a 18.990 euro;

  • il reddito medio da partecipazione in società di persone ed assimilate risulta di 19.480 euro.

Tale differenza è in parte spiegata anche dalla diversa modalità di indicazione dei contributi previdenziali all’interno di questi redditi.

In termini di variazioni rispetto al 2020, crescono i redditi medi da lavoro autonomo (+14,2%), i valori medi del reddito da partecipazione (+18,4%), del reddito d’impresa in contabilità ordinaria (+25,4%) e del reddito d’impresa in contabilità semplificata (+20,8%).

REDDITO MEDIO PER REGIONI ITALIANE

L’analisi territoriale del MEF conferma che la Regione con reddito medio complessivo più elevato è la Lombardia (26.620 euro), seguita dalla Provincia Autonoma di Bolzano (25.680 euro). Invece, la Calabria presenta il reddito medio più basso (16.300 euro). Questi i dati completi:

  • LOMBARDIA: 26.620 euro;
  • TRENTINO ALTO ADIGE: 25.680 euro;
  • EMILIA ROMAGNA: 24.790 euro;
  • LAZIO: 24.350 euro;
  • PIEMONTE: 24.040 euro;
  • VENETO: 23.610 euro;
  • LIGURIA: 23.600 euro;
  • FRIULI VENEZIA GIULIA: 23.510 euro;
  • VALLE D’AOSTA: 23.310 euro;
  • TOSCANA: 23.040 euro;
  • MARCHE: 21.360 euro;
  • UMBRIA: 20.810 euro;
  • ABRUZZO: 19.370 euro;
  • SARDEGNA: 19.030 euro;
  • CAMPANIA: 18.460 euro;
  • SICILIA: 17.680 euro;
  • PUGLIA: 17.670 euro;
  • BASILICATA: 17.620 euro;
  • MOLISE: 17.520 euro;
  • CALABRIA: 16.300 euro.

Anche nel 2021, quindi, continua ad essere significativa la distanza tra il reddito medio delle Regioni centro-settentrionali e quello delle Regioni meridionali.

FONTI UFFICIALI E REPORT

ALTRI APPROFONDIMENTI E AGGIORNAMENTI

Vi consigliamo di leggere la nostra guida ai lavori del futuro o quella sugli stipendi più alti d’Italia. Interessante anche l’articolo che esamina i nuovi dati del report INPS su lavoratori poveri, precarietà e salario minimo in Italia. 

Per approfondire mettiamo a vostra disposizione anche il nostro articolo che fotografa la situazione occupazionale in Italia, nonché il focus aggiornato sul mercato del lavoro in Italia in termini di assunzioni.

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di Valeria C.
Giornalista, esperta di leggi, politica e lavoro pubblico.
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Un Commento

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  1. Ok. Ma io che lavoro x una Multiservizi e prendo meno di 7€ l ora e lavorando x le scuole quando queste fanno chiusura Natalizia Pasquale e chiusura vacanze noi sm messi in sospensione senza stipendio e senza contributi. Come possiamo vivere?

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