No al salario minimo: ecco le motivazioni e le alternative

Cosa prevede la riforma sulle tutele stipendiali dei lavoratori e le posizioni del Governo in tema di salario minimo. Ecco quali sono le strategie alternative

stipendio, salario

No al salario minimo e via alla nuova riforma sulle tutele stipendiali per i lavoratori italiani. La Premier Giorgia Meloni ribadisce la posizione contraria del suo Governo, dopo che il salario minimo ha incassato anche il “no” del CNEL per il nostro Paese e il rinvio in Parlamento.

Nonostante il “no” al salario minimo, però, il Governo ha detto di volersi impegnare nella tutela dei diritti dei lavoratori con misure alternative connesse alla contrattazione collettiva, alla riduzione del costo del lavoro, al taglio del cuneo fiscale, al potenziamento delle politiche attive e dell’alternanza scuola lavoro.

In questo articolo vi spieghiamo in modo chiaro e dettagliato le motivazioni del no al salario minimo e vi forniamo un quadro delle proposte del Parlamento per riformare il mondo del lavoro nei prossimi anni.

NO AL SALARIO MINIMO, LA POSIZIONE DEL GOVERNO

Il Governo di Giorgia Meloni ha ribadito il suo “no” al salario minimo fin dal suo insediamento. Ora, alla vigilia del 2024 – data di scadenza dell’attuazione della direttiva europea sugli stipendi adeguati che vi illustriamo in questa guida – il parere contrario sembra essersi consolidato. Ma, nonostante vi siano numerose proposte di disciplina del salario minimo, per ora, nessuna è stata approvata né ha trovato l’accordo tra le parti sociali.

Nello specifico, sono questi i passaggi del Governo Meloni e del Parlamento sul tema:

  • l’Aula ha votato una mozione che dice “no al salario minimo”, come vi spieghiamo in questo articolo, prevedendo misure e proposte alternative alla fissazione di una paga base in linea con la Direttiva UE sull’argomento;

  • il 15 marzo 2023 sul tema è intervenuta al Question Time alla Camera anche il Premier Giorgia Meloni che aveva inizialmente chiuso ogni possibilità di salario minimo in Italia con il suo Governo, salvo poi riaprire il dialogo dopo la proposta del 30 giugno 2023 di istituire il salario minimo a 9 euro.

Il 18 ottobre 2023, come vi spieghiamo in questo articolo, la discussione in Parlamento sulla proposta è stata rinviata con il testo respinto in Commissione lavoro. La misura quasi sicuramente sarà bocciata. Come mai? Perché il 4 ottobre 2023, in merito alla proposta di legge di istituire il salario minimo a 9 euro nella prossima Manovra 2024, il CNEL ha presentato questo documento con cui ha respinto l’idea di introdurre un salario minimo. Vi aggiorneremo sulle novità.

COSA DICE IL CNEL SUL “NO” AL SALARIO MINIMO

Il documento di analisi del CNEL sul “no” al salario minimo è stato approvato in Commissione Informazione il 4 ottobre 2023, con il voto contrario della CGIL e l’astensione della UIL.

Le ragioni dietro questa decisione partono dai seguenti fattori:

  • la povertà lavorativa è influenzata da diversi fattori, come le ore di lavoro settimanali, il numero di persone nel nucleo familiare che ricevono reddito e l’intervento dello Stato nella redistribuzione, come vi spieghiamo in questo focus;

  • il tasso di copertura dei contratti collettivi nazionali supera l’80% richiesto dall’UE, e le paghe medie sono in linea con i 7,10 euro richiesti dall’UE secondo i dati dell’ISTAT del 2019;

  • i contratti non regolari coinvolgono solo lo 0,4% dei dipendenti privati, escludendo agricoltura e lavoro domestico.

LA DECISIONE DEL GOVERNO

Rispetto a questa analisi, il 12 ottobre 2023 il Governo ha recepito il “no” del CNEL al salario minimo e il 18 ottobre 2023 l’Aula ha rinviato la proposta di legge in commissione Lavoro prevedendo un altro stop alla misura.

Il Premier Meloni, infatti, sostiene che dall’analisi tecnica che le è stata fornita, emerge chiaramente che il mercato del lavoro in Italia rispetta appieno i parametri stabiliti dalla Direttiva sul salario minimo in Europa adeguato.

“La contrattazione collettiva, esclusi i settori dell’agricoltura e del lavoro domestico, copre, infatti, oltre il 95% dei dipendenti del settore privato” dice Meloni. Questi dati conducono il Premier Meloni alla conclusione che l’istituzione di un salario minimo orario attraverso la legge non rappresenti lo strumento adeguato per affrontare il problema del lavoro precario e delle basse retribuzioni.

Per il Governo, quindi, è molto più efficace estendere la contrattazione collettiva anche nei settori nei quali oggi non è prevista. Dunque, si continuerà a lavorare per combattere le discriminazioni e le irregolarità – come ribadito da Meloni – e a ridurre le tasse sul lavoro come previsto col taglio del cuneo fiscale nel 2023 già confermato dalla Legge di Bilancio 2023, dalla NADEF 2023 2024 e nelle novità sulla Legge di Bilancio 2024.

Ciò, perché secondo l’Esecutivo la ragione per la quale i salari sono inadeguati è che la tassazione è troppo alta per le imprese che devono assumere.

COSA PREVEDE LA MOZIONE SUL NO AL SALARIO MINIMO

Nella seduta del 30 novembre 2022 era stata già approvata dalla Camera dei Deputati la mozione 1/00030 che dice no al salario minimo. Questo documento, è bene precisarlo, non è una legge ma un atto di indirizzo politico, con cui Camera e Senato esprimono al Governo un’indicazione circa le linee guida da seguire per iniziative legislative su specifici argomenti.

Di fatto, la mozione 1/00030 riassume la “ricetta del Governo per combattere il fenomeno dei lavoratori poveri e aumentare lo stipendio medio in Italia.

La mozione 1/00030 della Camera a prima firma della Deputata Rosaria Tassinari di Forza Italia, ha impegnato formalmente il Governo a riformare il mondo del lavoro e a tutelare i diritti dei lavoratori lasciando da parte l’introduzione del salario minimo, ma attraverso delle iniziative alternative.

Scopriamo insieme quali sono per le forze di Governo e della maggioranza Parlamentare, del “no” al salario minimo.

I MOTIVI DEL “NO AL SALARIO MINIMO”

Nella mozione 1/00030 della Camera che affossa il salario minimo legale in Italia sono esplicitate anche le ragioni della scelta. Sebbene la discussione sul salario minimo in Italia sia sul tavolo del potere legislativo da tempo, le forze politiche del nuovo Governo ritengono che non sia lo strumento migliore per garantire condizioni dignitose di lavoro e retribuzione per i seguenti motivi:

  • il salario minimo non va ad incidere solo sul livello di retribuzione, ma a garantirlo si potrebbe rischiare di aumentare il costo del lavoro e i costi stessi degli appalti pubblici. Ciò metterebbe in difficoltà gli imprenditori e i datori di lavoro e aggraverebbe anche i conti dello Stato;

  • l’Italia gode di una contrattazione collettiva che copre l’85% dei lavoratori. Secondo le nuove forze di Governo, questo sistema garantisce una serie di misure che negli anni sono state introdotte a tutela dei lavoratori. Parliamo ad esempio, di TFR, malattia, ferie, permessi, tredicesima, quattordicesima, previdenza complementare, sanità integrativa. Questo sistema “collaudato” in Italia, dunque, implica già in molti casi che i salari siano più alti di un’ipotetica soglia di minimo. Inoltre le paghe sono comunque comprensive degli istituti accessori di welfare e tutele citati;

  • con la definizione per legge di un salario minimo si metterebbe a rischio il sistema della contrattazione collettiva, con il serio pericolo di favorire la tendenza alla diminuzione delle ore lavorate, l’aumento del lavoro nero, l’incremento della disoccupazione e l’aumento dei contratti di lavoro irregolare e dei contratti “pirata”. Con questa dicitura si definiscono quei contratti sottoscritti da sindacati minoritari e associazioni imprenditoriali, poco rappresentativi delle parti sociali, con l’obiettivo di costituire un’alternativa ai contratti collettivi nazionali cosiddetti “tradizionali”;


  • l’introduzione di una retribuzione minima potrebbe avere un effetto inflazionistico sul mercato dal momento che le imprese potrebbero riversare i maggiori costi del lavoro sui consumatori finali. La conseguenza sarebbe un ulteriore aumento dei prezzi dei prodotti commercializzati.

A queste motivazioni, si aggiunge anche il fatto che l’Europa, come vi spieghiamo in questa guida, di fatto autorizza i Paesi a prevedere strategie alternative per garantire un salario adeguato ai lavoratori, senza l’obbligo di legiferare su una soglia minima.

Opzione che il nuovo Governo porterà avanti entro il 2024, seguendo la timeline dettata da Bruxelles. Ma quali sono le alternative con cui la Camera ha impegnato il Governo a tutelare i lavoratori? Scopriamolo insieme.

LE STRATEGIE ALTERNATIVE IN TUTELA DEI LAVORATORI

Il testo della mozione 1/00030 della Camera costituisce un esplicito impegno per il Governo a raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori “non con l’introduzione del salario minimo”, ma attraverso i seguenti interventi:

  • attivare percorsi interlocutori tra le parti non coinvolte nella contrattazione collettiva. L’obiettivo è di monitorare e comprendere, attraverso l’analisi puntuale dei dati, motivi e cause della non applicazione. Piuttosto che intervenire sui salari, quindi, la maggioranza ritiene che la contrattazione collettiva andrebbe implementata puntando a quella di prossimità, più flessibile. La contrattazione di prossimità (e anche quella di secondo livello) offrirebbe alle imprese la possibilità di adeguare alcuni istituti normativi e contrattuali. Sarebbero adeguati entro limiti prestabiliti, alle condizioni e alle specifiche esigenze delle diverse realtà aziendali. Inoltre, un ampliamento della contrattazione collettiva contribuirebbe ad arginare il fenomeno dei contratti “pirata”;

  • estendere l’efficacia dei contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi. Il Governo potrà usare i dati emersi attraverso le indagini conoscitive preventivamente svolte a livello nazionale, sulle categorie di lavoratori non comprese nella contrattazione nazionale;

  • avviare un percorso di analisi rispetto alla contrattazione collettiva nazionale. In certi ambiti, coinvolge un gran numero di lavoratori. Verificare anche la frequente aggiudicazione di gare che recano in loro seno il concetto della “migliore offerta economica”;

  • taglio del cuneo fiscale e riduzione del costo del lavoro. In sostanza, si propone di favorire l’apertura di un tavolo di confronto per la riduzione del costo del lavoro e all’abbattimento del cuneo fiscale. Come vi abbiamo spiegato in questa guida, il taglio del cuneo fiscale è un’iniziativa che il Governo ha già inserito in Legge di Bilancio 2023, modificato con il Decreto lavoro convertito in legge e inserito nelle novità sulla Legge di Bilancio 2024. L’obiettivo di questa misura, insieme all’ambizione di ridurre il costo del lavoro, è rilanciare lo sviluppo economico delle imprese. Si mira a incrementare l’occupazione e la capacità di acquisto dei lavoratori;

  • destinare più risorse al mercato del lavoro, togliendole da altre voci della spesa pubblica. La maggioranza indica al Governo, cioè, di favorire l’occupazione come volano di crescita del Paese. Inoltre, impone di implementare una serie di politiche attive volte a garantire una più veloce collocazione dei giovani nel mondo del lavoro. Tra le misure citate, vi è alternanza scuola lavoro, ultimamente rivista con l’attivazione del Fondo infortuni mortali che vi illustriamo in questo focus. Non è escluso anche il potenziamento del Programma GOL e del Fondo Nuove Competenze, in linea con i dettami europei.

Partendo da queste indicazioni, toccherà al Governo legiferare su tali temi mettendo in campo fattivamente norme che possano mirare a tali obiettivi. La prova del nove è la Legge di Bilancio 2024. Vi aggiorneremo passo dopo passo sulle novità.

L’ULTIMA PAROLA AL PARLAMENTO

La posizione del Governo riguardo al nostro salario minimo sembra molto più chiara rispetto a quanto fosse in passato. Ciò sembra certo, soprattutto dopo il documento del CNEL. Per ora, il 18 ottobre, il Parlamento ha deciso per lo stop al salario minimo in Italia rinviando la proposta sul salario minimo di 9 euro all’ora. Inizialmente, il Governo aveva aperto a questa possibilità, ma ora sembra che questa sia un’ipotesi tutt’altro che realizzabile.

Vi aggiorneremo su cosa voterà il Parlamento la prossima volta che la proposta – rinviata – arriverà in Aula. Ricordiamo che il Parlamento è quello che ha l’ultima parola.

LA GUIDA AL SALARIO MINIMO IN ITALIA E IN EUROPA

Vi invitiamo a leggere la guida dedicata al salario minimo in Italia ed il nostro focus sull’Europa, con la storia normativa della misura. In questo articolo trovate le novità sul blocco alla votazione sulla proposta del salario minimo di 9 euro all’ora. Se interessati, vi consigliamo di leggere anche la nostra guida su salario minimo in Svizzera e il focus sui salari minimi in Germania.

RIFERIMENTI E DOCUMENTI UTILI

Mettiamo a vostra disposizione il testo integrale (Pdf della mozione 1/00030 della Camera dei Deputati approvata il 30 novembre 2022 in Aula. Vi consigliamo di leggere il testo del Question Time alla Camera dei Deputati del 15 marzo 2023. Da leggere anche il documento del CNEL sul no al salario minimo e il testo definitivo (PDF 234 Kb) della proposta di legge che riguarda il salario minimo a 9 euro, che è stata rinviata dal Parlamento il 18 ottobre 2023.

ALTRI APPROFONDIMENTI E AGGIORNAMENTI

Vi consigliamo di leggere la nostra guida ai lavori del futuro. Per approfondire, mettiamo a vostra disposizione il focus che analizza i dati sullo stipendio medio in Italia nel 2023. 

Inoltre, chi cerca lavoro in Italia può consultare la pagina dedicata alle news sul mondo del lavoro e la sezione dedicata alle offerte di lavoro.

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di Valeria C.
Giornalista, esperta di leggi, politica e lavoro pubblico.
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