Contratto di somministrazione lavoro: cos’è, come funziona, normativa

La guida completa sul contratto di somministrazione di lavoro, il particolare rapporto di lavoro che coinvolge agenzia, lavoratore e terzo utilizzatore

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Il contratto di somministrazione è un particolare rapporto di lavoro in cui un’agenzia assume un lavoratore per conto di un terzo soggetto.

Nello specifico l’Agenzia può assumere per conto di un’impresa, un professionista, una PA o un privato cittadino.

Esistono contratti di somministrazione a tempo determinato oppure a tempo indeterminato che possono essere sottoscritti per una specifica durata, secondo specifiche regole ed entro limiti certi.

In questa guida vi spieghiamo in modo chiaro e dettagliato cos’è un contratto di somministrazione, quali sono le caratteristiche di questo tipo di rapporto di lavoro, come funziona e tutte le regole previste.

COS’È IL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE

Il contratto di somministrazione è un rapporto di lavoro particolare in cui un’agenzia per il lavoro (agenzia somministratrice o somministratore) assume un lavoratore (somministrato) per conto di un’impresa, una Pubblica Amministrazione (PA), un professionista o un privato cittadino (utilizzatore).

Può essere a tempo determinato o indeterminato ed è disciplinato dal Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (Capo IV). Si tratta quindi di lavoro in somministrazione che coinvolge tre soggetti:

  • l’agenzia autorizzata, ossia il “somministratore”. Deve essere un’agenzia per il lavoro iscritta in un apposito albo informatico, consultabile da questa pagina, tenuto presso l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL); le agenzie autorizzate (chiamate anche impropriamente agenzie interinali) sono quelle riconosciute ai sensi del decreto legislativo n. 276 del 2003;

  • il soggetto presso cui il lavoratore lavora, ossia il cosiddetto “utilizzatore”, che si avvale dei servizi del somministratore per reperire personale. Può essere un’impresa, un professionista o anche un privato cittadino come nel caso del lavoro domestico. Il soggetto utilizzatore può essere anche una Pubblica Amministrazione ma, in questa ipotesi, essendo vietata la somministrazione a tempo indeterminato, è consentita solo a tempo determinato;

  • uno o più lavoratori, cioè i “somministrati” o “lavoratori in somministrazione” assunti dal somministratore e da questi inviati in missione presso l’utilizzatore.

Con la Circolare n.9 del 9 ottobre 2023 il Ministero ha anche chiarito i dettagli su come funzionano i contratti di somministrazione a tempo indeterminato per i lavoratori svantaggiati.

COME FUNZIONANO I CONTRATTI IN SOMMINISTRAZIONE

Il contratto di somministrazione di lavoro è un istituto complesso, all’interno del quale ci sono due distinti rapporti contrattuali, ovvero: il contratto tra somministratore e utilizzatore e il contratto tra somministratore e lavoratore somministrato. Nello specifico:

  • il contratto commerciale di somministrazione, concluso tra somministratore e utilizzatore, ha appunto natura commerciale e può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato;

  • il contratto di lavoro stipulato tra somministratore e lavoratore somministrato, può essere anche questo a tempo determinato o a tempo indeterminato.

Inoltre, all’interno del contratto di somministrazione di lavoro c’è una particolare ripartizione dei poteri datoriali e delle responsabilità, ossia:

  • il potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori è esercitato dall’utilizzatore, posto che il lavoratore svolge la propria attività nell’interesse e sotto la direzione ed il controllo dell’impresa utilizzatrice;

  • il potere disciplinare è riservato al somministratore, al quale l’utilizzatore comunica gli elementi che formano oggetto della contestazione disciplinare;

  • la retribuzione viene versata direttamente dal somministratore e a questi rimborsata dall’utilizzatore, oltre agli oneri previdenziali;

  • gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi e assistenziali sono a carico del somministratore;

  • alla corrispondere dei trattamenti retributivi e i relativi contributi previdenziali, salvo diritto di rivalsa verso il somministratore, sono obbligati in solido utilizzatore e somministratore;

  • ricade sull’utilizzatore la responsabilità per danni arrecati a terzi dai lavoratori nello svolgimento della prestazione lavorativa.

GLI OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO

La normativa che regola il ricorso al contratto di somministrazione da parte di un datore di lavoro, contenuta nel Jobs Act (art. 36, comma 3 del D. Lgs. n. 81/2015) pone a carico del soggetto utilizzatore specifici doveri, tra cui quello di fornire annualmente informazioni ai sindacati in merito al personale somministrato.

Nella comunicazione devono essere indicati:

  • il numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi;

  • la durata degli stessi;

  • il numero e la qualifica dei lavoratori interessati.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha poi fissato il termine dell’adempimento al 31 gennaio di ogni anno, ma con la risposta ad interpello n. 36 del 2012, lo stesso Dicastero ha poi evidenziato che la fissazione del termine del 31 gennaio “non esclude che la contrattazione collettiva possa individuare un termine che vada oltre quello del 31 gennaio” e che “in tal caso, la disposizione contrattuale opererà quale ‘scriminante’ ai fini della applicazione del regime sanzionatorio”.

In tema di rischi per la sicurezza e la salute, invece, gli obblighi informativi e l’addestramento del lavoratore (in conformità al Decreto Legislativo n. 81 del 2008), sono a carico del somministratore, salva diversa previsione contrattuale che ponga l’obbligo a carico dell’utilizzatore.

L’utilizzatore invece osserva nei confronti dei lavoratori somministrati gli stessi obblighi di prevenzione e protezione cui è tenuto, per legge e per contratto collettivo, nei confronti dei propri dipendenti.

QUANDO È VIETATO IL CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE

In ogni caso, il ricorso alla somministrazione del lavoro è vietato nei seguenti casi:

  • per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

  • presso unità produttive nelle quali si è proceduto, nei 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce la somministrazione;

  • presso unità produttive in cui è operante una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario con diritto al trattamento di integrazione salariale che interessano lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce la somministrazione;

  • nel caso di datori di lavoro che non hanno eseguito la valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori in conformità al Decreto Legislativo n. 81 del 2008.

I DUE TIPI DI CONTRATTI IN SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO

I contratti di somministrazione di lavoro previsti dalla normativa vigente sono di due tipologie:

  • a tempo indeterminato;

  • a tempo determinato.

Più precisamente, il contratto a tempo determinato in somministrazione dura al massimo 24 mesi. Questo significa che, una volta trascorsi 2 anni, qualora l’azienda fosse intenzionata a mantenere il lavoratore, il contratto di lavoro si trasforma automaticamente a tempo indeterminato.

Una regola che, però, per esigenze di flessibilità è stata derogata più volte, l’ultima dal Decreto Milleproroghe 2023 convertito in Legge che ha permesso il rinnovo dei contratti a tempo determinato in somministrazione fino al 30 giugno 2025 (nuovo termine rispetto al precedente del 30 giugno 2024), a condizione che l’agenzia assuma il lavoratore a tempo indeterminato, comunicandolo all’azienda presso il quale il somministrato è impiegato.

Ma attenzione, questa deroga ai 24 mesi – e quindi al rinnovo oltre i due anni – vale solo a patto che siano presenti le seguenti condizioni:

  • il lavoratore viene assunto dall’agenzia a tempo indeterminato, previa comunicazione all’utilizzatore da parte dell’agenzia stessa;

  •  al lavoratore venga assegnata una missione a tempo determinato presso l’utilizzatore.

In pratica, il lavoratore continua a essere retribuito dall’agenzia per il lavoro con la quale ha firmato il contratto (a tempo indeterminato) mentre verrà somministrato – tramite lavoro a intermittenza – alle aziende, imprese o privati che si rivolgono all’agenzia per specifiche “missioni”.

1) CONTRATTI IN SOMMINISTRAZIONE A TEMPO INDETERMINATO

Ai rapporti conclusi tra il somministratore e il lavoratore (chiamati anche “staff leasing”) si applica la disciplina prevista per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Le regole sono le seguenti:

  • è consentito per qualsiasi ambito di attività e tipologia di lavoratori, ma nel limite del 20% rispetto al numero di lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore alla data del 1° gennaio dell’anno in cui è concluso il contratto (con arrotondamento del decimale all’unità superiore, qualora esso sia eguale o superiore a 0,5). Tale percentuale può essere oggetto di modifica da parte della contrattazione collettiva applicabile dall’utilizzatore. Peraltro, possono essere somministrati a tempo indeterminato esclusivamente i lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato;

  • il Decreto lavoro convertito in Legge, dal 4 luglio 2023, esclude da tale limite del 20% il computo del limite i lavoratori il cui rapporto di lavoro con il soggetto somministratore sia costituito da un contratto di apprendistato. In secondo luogo, si escludono in via tassativa dal computo del limite alcune categorie di lavoratori. Parliamo cioè, dei soggetti svantaggiati citati nella Circolare n.9 del 9 ottobre 2023 del Ministero del Lavoro che vi illustriamo di seguito;

  • il lavoratore assunto a tempo indeterminato dall’agenzia di lavoro ha diritto a un’indennità di disponibilità per i periodi in cui non è in missione presso un soggetto utilizzatore. Parliamo dei casi del cosiddetto “lavoro intermittente”, cioè quando un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che decide liberamente se e quando utilizzarne la prestazione mediante chiamata. L’importo dell’indennità è determinato dalla contrattazione collettiva e non può comunque essere inferiore al 20% della retribuzione indicata dal CCNL (percentuale sancita da apposito Decreto dal Ministero del Lavoro);

  • è vietato alle Pubbliche Amministrazioni.

QUANDO NON SI APPLICA IL LIMITE DEL 20%

Come vi abbiamo accennato, dal 4 luglio 2023, il Decreto lavoro convertito in Legge esonera dal limite del 20% alcuni lavoratori, come illustrato nella Circolare n.9 del 9 ottobre 2023. Ovvero:

  • i lavoratori che sono assunti tramite un contratto di apprendistato dal soggetto somministratore;

  • i disoccupati che hanno beneficiato di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali per almeno sei mesi;

Ricordiamo che il Decreto ministeriale del 17 ottobre 2017 stabilisce le seguenti condizioni alternative per definire un lavoratore svantaggiato:

  • essere privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
  • avere un’età compresa tra 15 e 24 anni;
  • non possedere un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o aver completato la formazione a tempo pieno non più di due anni prima e non aver ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;
  • avere più di 50 anni;
  • essere adulti che vivono soli con una o più persone a carico;
  • essere impiegati in professioni o settori con un divario di genere che supera del 25% il divario medio di genere in tutti i settori economici, se il lavoratore appartiene al genere sottorappresentato;
  • appartenere a una minoranza etnica di uno Stato membro dell’UE e avere bisogno di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso a un’occupazione stabile.

I lavoratori molto svantaggiati, invece, sono coloro che sono stati privi di un impiego regolarmente retribuito per almeno 24 mesi o per almeno 12 mesi, se hanno tra 15 e 24 anni e appartengono a una minoranza etnica.

Questa modifica del Decreto lavoro convertito in Legge insomma, mira a garantire più opportunità di lavoro per coloro che si trovano in condizioni oggettive di svantaggio e hanno quindi meno probabilità di rientrare tempestivamente nel mercato del lavoro.

2) CONTRATTI DI SOMMINISTRAZIONE A TEMPO DETERMINATO

Il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81 (Capo III) disciplina, invece, il contratto di somministrazione a tempo determinato.

Molti si chiedono anche quale è la differenza tra somministrazione e contratto a tempo determinato? In sostanza, ricordiamolo, mentre il contratto di lavoro a tempo determinato diretto è stipulato tra azienda e lavoratore, quello in somministrazione (ex contratto interinale) prevede il coinvolgimento di 3 soggetti. Ovvero, l’ agenzia per il lavoro (somministratore), azienda (utilizzatore) e il lavoratore.

Ciò non toglie che un contratto di somministrazione può essere a tempo determinato. In tal caso, le caratteristiche di questo tipo di contratto sono le seguenti:

  • la data di inizio e la durata prevedibile della missione devono essere comunicate per iscritto al prestatore di lavoro da parte del somministratore, all’atto della conclusione del contratto di lavoro oppure all’atto dell’invio presso l’utilizzatore. La durata della “missione” può essere prorogata con il consenso del lavoratore per iscritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore;

  • il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato o in somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei citati contratti, con arrotondamento del decimale all’unità superiore, qualora esso sia eguale o superiore a 0,5.

QUANDO NON SI APPLICA IL LIMITE DEL 30%

Anche in questo caso, va specificato che il limite del 30% può essere modificato dalla contrattazione collettiva dell’utilizzatore (non oltre il 20%) e non si applica nei seguenti casi:

  • disoccupati che godono da almeno 6 mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;

TUTELA PER I LAVORATORI

Come stabilito dal Jobs Act, il contratto di somministrazione esige la forma scritta, in assenza della quale è nullo e i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze del soggetto che ne utilizza la prestazione lavorativa.

In virtù del principio di tutela del lavoratore da condotte discriminatorie, i lavoratori in somministrazione, a parità di mansioni svolte, hanno diritto:

  • a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore;


  • a essere informati dall’utilizzatore dei posti vacanti presso quest’ultimo, affinché possano aspirare, al pari dei dipendenti del medesimo utilizzatore, a ricoprire posti di lavoro a tempo indeterminato. Tali informazioni possono essere fornite mediante un avviso generale affisso all’interno dei locali dell’utilizzatore presso il quale e sotto il cui controllo detti lavoratori prestano la loro opera.

CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE E NASPI

In generale, i lavoratori in somministrazione hanno diritto all’indennità di disoccupazione NASPI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) alla scadenza del contratto di somministrazione, proprio come i lavoratori ordinari.

Questo vale sia per quelli a tempo determinato o a tempo indeterminato che possono contare sia sui meccanismi di sostegno al reddito pubblici, come la NASPI e su altri strumenti derivanti dalla negoziazione collettiva all’interno del settore della somministrazione, come il bonus SAR (Sistema di Ammortizzatori Sociali) e il diritto a percorsi di qualificazione e riqualificazione professionale.

QUANTO SI GUADAGNA CON UN CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE?

Per determinare lo stipendio di un lavoratore assunto con un contratto in somministrazione è essenziale prendere in considerazione il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) a cui è soggetto il lavoratore e le disposizioni relative ai livelli di inquadramento.

In generale, i lavoratori in somministrazione hanno diritto a una retribuzione simile a quella dei dipendenti direttamente assunti dall’utilizzatore (l’azienda che richiede i lavoratori temporanei). Ciò significa che il salario dovrebbe essere in linea con quello dei dipendenti permanenti dello stesso livello all’interno dell’utilizzatore.

Però, per ottenere una stima precisa del salario di un lavoratore in somministrazione, è necessario consultare il CCNL e i dettagli del contratto specifico dell’individuo.

DIRITTI SINDACALI IN CASO DI CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE

Con l’interpello n.10213 del 15-09-2023, la Commissione del Ministero del Lavoro ha chiarito che è necessario tener conto di entrambi dell’agenzia di somministrazione e dell’azienda utilizzatrice per stabilire i diritti sindacali applicabili.

Questo significa che l’agenzia di somministrazione è il datore di lavoro “formale” del lavoratore somministrato, ma la prestazione lavorativa, per il periodo contrattuale, è effettivamente orientata verso gli interessi dell’azienda utilizzatrice, che fornisce le direttive operative e supervisiona il lavoro del dipendente.

Pertanto, il Ministero con l’interpello n.10213 del 15-09-2023 ha ribadito che i poteri e gli obblighi sono suddivisi tra il datore di lavoro formale e il datore di lavoro sostanziale. Ciò, in considerazione della separazione tra la titolarità giuridica del rapporto e l’effettiva utilizzazione della prestazione lavorativa.

RIFERIMENTI NORMATIVI E DI PRASSI

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di Valeria C.
Giornalista, esperta di leggi, politica e lavoro pubblico.
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3 Commenti

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  1. Buongiorno,
    avrei una domanda. Il lavoratore in somministrazione assunto a tempo indeterminato se vuole dare le dimissioni volontarie quanto deve prevedere di preavviso? Quello del CCNL dell’azienda utilizzatrice o quello del somministratore?
    Grazie

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