Contratto a chiamata o intermittente: cos’è e come funziona

La guida completa sul contratto di lavoro a chiamata o intermittente, chiamato anche job on call

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Il contratto a chiamata o intermittente è un contratto di lavoro subordinato che regola lo svolgimento di prestazioni lavorative a carattere discontinuo.

Il lavoratore a chiamata alterna periodi in cui lavora a periodi in cui è inattivo e si mette a disposizione del datore di lavoro per prestare la propria attività all’occorrenza.

In questa guida chiara e dettagliata illustriamo come funziona il contratto di lavoro a chiamata e  diamo tutte le informazioni su requisiti, tipologie, modalità di applicazione e retribuzione del lavoro intermittente.

COS’È IL CONTRATTO DI LAVORO A CHIAMATA

Il contratto di lavoro a chiamata o intermittente (detto anche job on call) è un contratto mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che ne può utilizzare la prestazione in modo discontinuo o intermittente secondo le proprie esigenze, ma nel rispetto dei limiti e delle condizioni stabiliti dai contratti collettivi. Con il contratto a chiamata vige la possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno.

È un contratto particolarmente utilizzato nel settore della ristorazione, alberghiero e turistico ma anche nel commercio e, in genere, per i lavoratori del mondo dello spettacolo, poiché per la sua flessibilità riesce ad andare incontro meglio alle esigenze delle imprese operanti in questo settore.

La disciplina di riferimento è contenuta nel Decreto Legislativo 15 giugno 2015,n. 81, che indica anche i casi di utilizzo del lavoro intermittente (all’art. 13) in mancanza di contrattazione collettiva. Vediamo quali sono i requisiti per poter stipulare questo contratto di lavoro.

REQUISITI DI ACCESSO AL LAVORO INTERMITTENTE

Il contratto di lavoro a chiamata o intermittente può essere stipulato esclusivamente con le seguenti tipologie di lavoratori:

  • soggetti di età inferiore ai 24 anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il 25° anno;

  • soggetti di età superiore ai 55 anni.

TIPOLOGIE DI LAVORI A CHIAMATA

Il contratto intermittente o a chiamata, sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, può essere di due tipologie:

  • con obbligo di disponibilità – in questo caso il lavoratore si impegna contrattualmente a garantire al datore di lavoro la propria disponibilità a rispondere alle chiamate. Quindi, nei periodi in cui non è operativo, il lavoratore deve comunque restare a disposizione per la chiamata e in cambio ottiene l’indennità di disponibilità il cui importo è determinato dai contratti collettivi e, comunque, non può essere inferiore all’importo fissato dal decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, sentite le associazioni sindacali (D. Lgs. 81/2015). Il rifiuto ingiustificato di rispondere alla chiamata può costituire motivo di licenziamento e comportare la restituzione della quota di indennità di disponibilità riferita al periodo successivo al rifiuto;

  • senza obbligo di disponibilità – in questo caso il lavoratore non è obbligato ad accettare la chiamata del datore di lavoro e può scegliere, di volta in volta, se accettare o meno. Questa soluzione porta il lavoratore a rinunciare di conseguenza alla relativa indennità.

Per approfondimenti, rimandiamo all’Interpello n. 15/2015 che ribadisce che il lavoratore iscritto nella lista di mobilità e assunto con contratto di lavoro intermittente a tempo indeterminato, senza obbligo di risposta alla chiamata, conserva comunque l’iscrizione nella lista.

SETTORI

Il contratto di lavoro a chiamata è utilizzabile in qualsiasi settore lavorativo privato per attività a carattere discontinuo. A tal proposito, come confermato nella risposta all’Interpello n. 10/2016, è possibile ancora oggi rifarsi alla tabella allegata al R.D. n. 2657/1923, contenente l’elenco delle attività che richiedono lavoro a chiamata. Si tratta di circa 45 occupazioni, eterogenee tra loro, ma anche ormai obsolete in alcuni casi. A titolo esemplificativo, ne elenchiamo alcune:

  • custodi, guardiani e personale di sorveglianza;

  • fattorini;

  • magazzinieri;

  • addetti a centralini telefonici privati;

  • receptionist di albergo;

  • addetti alla manutenzione stradale;

  • personale addetto ai servizi di alimentazione ed igiene negli stabilimenti industriali;

  • camerieri, personale di servizio e di cucina in alberghi, ristoranti ed esercizi pubblici in genere;
  • addetti alle pompe di carburante;

  • lavoratori dello spettacolo.

DURATA DEL CONTRATTO A CHIAMATA

Quanto può durare un contratto di lavoro a chiamata? Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata è ammesso per ciascun lavoratore, e con il medesimo datore di lavoro, per un periodo massimo di 400 giornate complessive nell’arco di 3 anni solari. Le indicazioni operative riguardo al calcolo delle giornate sono contenute nella Circolare MLPS n. 35/2013 vengono riportate le indicazioni operative riguardo al calcolo delle giornate.

Nel caso in cui si superi tale durata, il contratto si trasforma in un rapporto lavorativo a tempo  indeterminato. Il limite di 400 giorni di lavoro non è applicato ai settori del turismo, dello spettacolo e dei pubblici esercizi. A tal proposito, rimandiamo alla Circolare MLPS del 12 febbraio 2020, che fornisce alcuni chiarimenti sulle modalità di comunicazione con riferimento ai lavoratori dello spettacolo.

RETRIBUZIONE DEL LAVORO A CHIAMATA

Al lavoratore a chiamata spetta lo stesso stipendio, e anche lo stesso trattamento previdenziale ed assistenziale di un lavoratore di pari ruolo occupato con contratto di lavoro subordinato ordinario.

Come viene pagato il lavoro intermittente quindi? La retribuzione percepita è proporzionale esclusivamente ai periodi o ai giorni di lavoro effettivo. In aggiunta allo stipendio mensile, inoltre, sono previsti i permessi retribuiti, la maturazione di ferie, eventuali tredicesima e quattordicesima mensilità e TFR. Ogni elemento è comunque sempre calcolato in proporzione al numero di ore effettivamente lavorate.

REGOLE CONTRATTO LAVORO A CHIAMATA

Il contratto di lavoro intermittente richiede la forma scritta (art. 15, Decreto Legislativo 81/2015) ai fini della prova dei seguenti elementi:

  • durata e ipotesi, oggettive o soggettive, che consentono la stipulazione del contratto di lavoro intermittente;

  • luogo e modalità della disponibilità, eventualmente garantita dal lavoratore e del relativo preavviso di chiamata del lavoratore, che non può essere inferiore a un giorno lavorativo;

  • trattamento economico e normativo spettante al lavoratore per la prestazione eseguita e relativa indennità di disponibilità, ove prevista;

  • forme e modalità con cui il datore di lavoro è legittimato a richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro nonché le modalità di rilevazione della stessa;

  • tempi e modalità di pagamento della retribuzione e della indennità di disponibilità;

  • misure di sicurezza necessarie in relazione al tipo di attività dedotta in contratto.

INDENNITÀ DISPONIBILITÀ LAVORO A CHIAMATA

Per il lavoratore intermittente vi è la possibilità di percepire una indennità nei periodi in cui non lavora se stipula un contratto di lavoro con obbligo di disponibilità.

Si tratta, nello specifico, della indennità mensile di disponibilità e spetta esclusivamente al lavoratore che abbia scelto di essere vincolato alla chiama del datore di lavoro (quando l’azienda lo chiama deve essere disponibile a lavorare). L’importo del contributo è pari al 20% della retribuzione prevista dal CCNL, per i periodi durante i quali il dipendente a chiamata garantisce la propria presenza.

LAVORO INTERMITTENTE E DISOCCUPAZIONE

Cosa succede se un lavoratore intermittente perde il lavoro? L’ANPAL, con la Circolare n. 1 del 23 luglio 2019, ha fornito indicazioni operative in merito allo stato di disoccupazione, che interessano anche i lavoratori a chiamata.

Quello che è stato stabilito, in particolare, è che un soggetto può considerarsi disoccupato – e quindi beneficiario NASPI – anche se percepisce un reddito di lavoro che, nel caso di contratto subordinato, non risulti superiore a 8.145,00 euro annui lordi, calcolato al netto dei contributi a carico del lavoratore. Se perde definitivamente il lavoro, invece, valgono le stesse regole e le stesse tutele previste per i lavoratori dipendenti assunti.

QUANDO SI PUÒ RICORRERE AL CONTRATTO DI LAVORO A CHIAMATA

Il contratto di lavoro intermittente o a chiamata non è altro che una particolare forma di lavoro subordinato. Un’azienda o un’impresa può ricorrervi nel caso abbia necessità di impiegare un lavoratore per periodi di tempo limitati ma predeterminati nell’arco della settimana, del mese o dell’anno:

  • limitati perché tali periodi possono anche coincidere con giorni di lavoro atipici, come i fine settimana, ferie estive e vacanze pasquali e natalizie. Per esempio per far fronte a un aumento della produzione in prossimità di determinati eventi;
  • predeterminati perché il datore di lavoro è tenuto a una comunicazione telematica prima dell’inizio dello svolgimento della prestazione lavorativa.

Il ricorso a tale contratto di lavoro è determinato in base ad effettive esigenze delle società, le quali devono comunque attenersi a quanto previsto dal CCNL di riferimento. Proprio per le sue caratteristiche e per la sua flessibilità è un contratto particolarmente utilizzato nel settore della ristorazione, alberghiero e turistico ma anche nel commercio e, in genere, per i lavoratori del mondo dello spettacolo.

Peraltro, con riferimento al ruolo rivestito dalla contrattazione collettiva nell’individuazione delle esigenze sottese al ricorso al lavoro intermittente, si segnala la circolare dell’INL n. 1/2021 secondo cui – sulla scorta dell’orientamento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – alle parti sociali è affidata l’individuazione delle sole “esigenze”, non essendo loro riconosciuto il potere di interdire l’utilizzo di tale tipologia contrattuale nel settore regolato. In concreto, i sindacati non possono vietarlo ma possono stabilire le condizioni necessarie per ricorrervi.

QUANDO È VIETATO IL RICORSO AL LAVORO INTERMITTENTE

Il ricorso al lavoro intermittente è vietato:

  • a chi ricopre già un incarico presso una Pubblica Amministrazione;

  • per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;

  • presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi (articoli 4 e 24 della Legge 23 luglio 1991, n. 223) che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente, oppure presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni (CIG), che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro intermittente;

  • ai datori di lavoro che non hanno svolto la valutazione dei rischi in applicazione della normativa a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

RIFERIMENTI NORMATIVI

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di Clara R.
Redattrice, esperta di lavoro, impiego estero e formazione.
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Un Commento

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  1. Grazie a voi ho scoperto che esiste un periodo massimo, evidentemente non tutti lo rispettano. Utilissimo questo articolo

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