L’8 e il 9 Giugno 2025, i cittadini italiani saranno chiamati a votare per il Referendum abrogativo.
I quesiti su cui si dovranno esprimere riguardano il mondo della lavoro (e interessano quindi sia i lavoratori che le imprese), ma anche le regole di cittadinanza.
In questo articolo vi spieghiamo nel dettaglio per cosa si vota e cosa potrebbe cambiare.
REFERENDUM 8 E 9 GIUGNO 2025, PER COSA SI VOTA
Nel dettaglio, quattro dei quesiti quesiti del Referendum dell’8 e 9 Giugno 2025 mirano a cambiare le regole su precarietà e licenziamenti. Invece, il quinto quesito si concentra sulla riforma delle norme relative alla concessione della cittadinanza.
Per essere validi, i dovranno superare ciascuno il quorum del 50%+1 degli aventi diritto al voto.
Scopriamo insieme cosa prevedono.
1) REINTEGRO LICENZIAMENTI ILLEGITTIMI
Il primo quesito indetto con il DPR 25A02038 del 31 Marzo 2025, chiede l’abrogazione delle disposizioni del Jobs Act che limitano la possibilità di reintegro per i lavoratori licenziati senza una valida motivazione.
Attualmente, in molti casi di licenziamento illegittimo, la normativa prevede solo un indennizzo economico per il lavoratore, escludendo la possibilità di tornare alla propria posizione. Chi vota “SI” a questo quesito mira a reintrodurre pienamente il diritto al reintegro.
Questo significherebbe che, qualora un Tribunale riconoscesse un licenziamento come illegittimo, il lavoratore verrebbe riassunto nella stessa posizione che ricopriva prima del licenziamento, oltre a ricevere il risarcimento.
In caso di vittoria del NO, la norme in vigore resterebbero immutate.
2) INDENNIZZI NEI LICENZIAMENTI
Il secondo quesito indetto con il DPR 25A02039 del 31 Marzo 2025 riguarda una modifica significativa alle tutele previste per i lavoratori delle piccole imprese che subiscono un licenziamento illegittimo, ovvero un licenziamento effettuato senza una valida motivazione o in violazione delle normative. Attualmente, la legge stabilisce che l’indennizzo economico per questi lavoratori non possa superare il limite massimo di sei mensilità, indipendentemente dal danno effettivo subito.
Chi vota “SI” invece, chiede l’eliminazione di questo limite massimo. In pratica, ciò permetterebbe ai giudici di calcolare gli indennizzi in modo più flessibile, tenendo conto di diversi fattori, come l’anzianità del lavoratore, il livello di reddito, le difficoltà economiche conseguenti al licenziamento e altri aspetti che possono influire sul danno reale e comportare un risarcimento maggiore di sei mensilità.
In caso di vittoria del NO, la norme in vigore resterebbero uguali.
3) LIMITAZIONI SULL’USO DEI CONTRATTI A TERMINE
Il terzo quesito indetto con il DPR 25A02040 del 31 Marzo 2025 eliminerebbe alcune parti del Jobs Act che regolano i contratti a tempo determinato
Votare “SI” in concreto comporterebbe:
- l’eliminazione del limite di 12 mesi per i contratti senza causali. Attualmente, un contratto a tempo determinato può durare fino a 12 mesi senza che il datore di lavoro debba indicare una specifica motivazione (causale). Votando “SI” i contratti a termine potrebbero essere stipulati solo con una causale che giustifichi tecnicamente, organizzativamente o produttivamente la necessità di un contratto non permanente;
- l’abolizione delle estensioni oltre i 12 mesi dei contratti a tempo determinato ricorrendo a specifiche cause. A oggi, cioè, si possono estendere i contratti a tempo determinato oltre i 12 mesi in presenza di specifiche esigenze individuate da accordi collettivi o dalle parti coinvolte. Votando “SI”, questa possibilità sarebbe eliminata, rendendo più complesso il rinnovo o la prosecuzione di contratti precari a oltranza e spingendo verso contrattazioni più stabili;
- la modifica delle regole sui rinnovi. Attualmente, in caso di rinnovo di un contratto a termine, è obbligatorio indicare una causale solo se il contratto complessivo supera i 12 mesi. L’abrogazione renderebbe obbligatoria l’indicazione di una causale anche per i rinnovi a tempo determinato di durata inferiore ai 12 mesi;
- nuove regole sui contratti oltre i 12 mesi. Attualmente, le aziende possono stipulare contratti a termine di durata superiore ai 12 mesi, ma solo entro un termine temporale definito (che è stato esteso fino al 31 dicembre 2025 dal Decreto Milleproroghe 2025 convertito in Legge). Tuttavia, con la nuova normativa, questo termine temporale sarà rimosso, eliminando la possibilità di estendere questi contratti oltre i 12 mesi, riducendo così la flessibilità per le aziende e gli eventi/cause in cui è possibile farlo.
In caso di vittoria del NO, le norme in vigore resterebbero le stesse.
4) ESTENSIONE DELLE RESPONSABILITÀ IN CASO DI INCIDENTI SUL LAVORO
Il quarto quesito indetto con il DPR 25A02041 del 31 Marzo 2025 estende le responsabilità nei casi di incidenti sul lavoro alle imprese appaltanti per incidenti avvenuti nei cantieri o nelle aziende in subappalto.
Se vincesse il “SI”, verrebbe abrogata la parte dell’articolo 26, comma 4, del Decreto Legislativo 9 Aprile 2008, n. 81, che esclude la responsabilità delle imprese appaltanti per i danni derivanti dai rischi specifici legati alle attività svolte dalle imprese appaltatrici o subappaltatrici. Dunque, l’impresa appaltante diventerebbe responsabile anche per i danni conseguenti ai rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici e subappaltatrici.
In caso di vittoria del NO, le norme in vigore resterebbero immutate.
5) CITTADINANZA, 5 ANNI PER LA NATURALIZZAZIONE
Il quarto quesito indetto con il DPR 25A02042 del 31 Marzo 2025 riguarda la cittadinanza italiana. Chi vota mira a ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza necessario per ottenere la naturalizzazione di stranieri che vivono da tempo nel nostro Paese.
La naturalizzazione, ricordiamolo, è il processo attraverso cui uno straniero diventa ufficialmente cittadino di un Paese diverso da quello di origine, ottenendo tutti i diritti e i doveri connessi alla cittadinanza. In Italia, la naturalizzazione richiede il soddisfacimento di determinati requisiti, tra cui un periodo minimo di residenza legale nel Paese (attualmente 10 anni in Italia), la dimostrazione di integrazione sociale, culturale ed economica, nonché la “prova” del rispetto delle leggi locali. Per ottenere la cittadinanza, il richiedente deve presentare una domanda formale e superare un processo di valutazione condotto dalle autorità competenti.
Se vincesse il “SI”, si potrebbe ottenere quindi la naturalizzazione anche dopo 5 anni di residenza legale in Italia. In caso di vittoria del “NO”, invece, resterebbe necessario il requisito di 10 anni di residenza per richiedere la naturalizzazione.
ALTRI AIUTI E AGGIORNAMENTI
Sul tema cittadinanza, vi invitiamo a leggere il nuovo decreto 2025 sulla cittadinanza italiana.
E a proposito di contratti a termine, vi consigliamo di approfondire la nostra guida dove vi spieghiamo cosa cambia e quali sono le novità per i contratti di somministrazione, approvate con il collegato lavoro.
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